Gela. Per sviare i controlli patrimoniali, avrebbe trasferito alcuni beni di valore ad altri intestatari. Questo ritengono i pm della procura rispetto ad un’indagine che ha portato a processo il quarantenne Emanuele Brancato e l’imprenditore Natale Alessandro Susino. Questa mattina, uno dei poliziotti che si occupò degli approfondimenti è stato sentito davanti al collegio penale del tribunale. Il perno principale era l’inchiesta allora ribattezzata “Samarcanda”, che portò all’arresto di Brancato (poi condannato in via definitiva). Gli inquirenti ricostruirono l’affare della droga che il quarantenne organizzò, anche attraverso dei complici, a loro volta condannati. I poliziotti accertarono notevoli disponibilità economiche e immobiliari, facendo partire un’ulteriore filone investigativo. Venne battuta la pista degli introiti del traffico di droga, destinati successivamente all’acquisizione di proprietà. Un bar e una Bmw X5 attirarono l’attenzione. L’attività commerciale risultò nella disponibilità di familiari di Brancato mentre l’auto, “in pochi giorni”, passò da Brancato a Susino. Il quarantenne pare avesse compreso che c’erano verifiche in corso sui suoi conti e sulle pertinenze patrimoniali, proprio per il sospetto che fossero frutto degli introiti del traffico di droga. Il pm Fabrizio Furnari ha prodotto sentenze sul procedimento “Samarcanda”. La difesa di Brancato, sostenuta dal legale Giacomo Ventura, ha comunque precisato che sul sequestro dei beni ci furono decisioni favorevoli. L’imputato, per la difesa, lavorava regolarmente. Susino, invece, è nel giudizio esclusivamente per l’acquisto della potente auto.
Il difensore, l’avvocato Joseph Donegani, ha comunque fatto rilevare che prima di quella compravendita (per l’accusa solo fittizia), non c’erano stati rapporti tra i due, neanche di frequentazione. L’auto venne acquistata dopo l’annuncio pubblicato da Brancato su un sito specializzato. Rispetto al bar, invece, la difesa ha richiamato una serie di assegni che vennero emessi dai familiari al proprietario dell’immobile per i pagamenti dovuti e ancora per le forniture di materiali. Per i difensori, sia rispetto all’esercizio commerciale sia per la vettura, non ci sarebbero state operazioni “pilotate”, solo allo scopo di sviare i controlli patrimoniali dei poliziotti.