Morte Romano, in appello alcuni familiari rinunciano alla costituzione: giudizio va avanti

 
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L'operaio Francesco Romano morì dodici anni fa

Gela. In aula, nel giudizio di appello per la morte dell’operaio trentenne Francesco Romano, si tornerà ad aprile. Questa mattina, davanti alla Corte di Caltanissetta, si è preso atto della rinuncia alla costituzione di parte civile di alcuni familiari del lavoratore morto undici anni fa, a causa di un gravissimo incidente alla radice pontile dello stabilimento Eni. Venne travolto da un tubo da otto tonnellate che non gli lasciò scampo. C’è stato un accordo tra i familiari che hanno rinunciato (rappresentati dagli avvocati Joseph Donegani ed Emanuele Maganuco) e le società presenti nel giudizio. Viene invece mantenuta la costituzione della moglie, anche nell’interesse delle figlie. La donna, parte civile con il legale Salvo Macrì, intende proseguire nel giudizio per arrivare ad una decisione definitiva da parte dei giudici. I giudici hanno rimesso in termini le difese. L’accusa contestata agli imputati è di omicidio colposo. Non sarebbero state rispettate le misure di sicurezza in un’area che pare fosse stata adattata a cantiere. Erano in corso interventi di sostituzione di una linea. Il tubo da otto tonnellate, in base alla ricostruzione condotta anche dai periti, si sarebbe staccato da una catasta presente lungo l’area del pontile. Romano venne schiacciato e il decesso fu immediato.

In primo grado, il collegio penale del tribunale di Gela ha disposto un anno e otto mesi per Bernardo Casa, Fabrizio Zanerolli, Nicola Carrera, Marco Morelli, Alberto Bertini, Patrizio Agostini, Sandro Iengo, Rocco Fisci e Serafino Tuccio. Un anno e sei mesi per Mario Giandomenico, Angelo Pennisi e Vincenzo Cocchiara. Infine, un anno e quattro mesi a Salvatore Marotta (tutte con pena sospesa). Le uniche assoluzioni furono decise per le posizioni di Guerino Valenti, Fabrizio Lami e Ignazio Vassallo. Le difese che hanno avanzato i ricorsi in appello mettono in discussione le conclusioni alle quali si pervenne e ritengono che non ci furono anomalie. Secondo questa linea, vennero rispettate le prescrizioni dei piani di sicurezza. I legali dei manager e dei tecnici di Eni escludono collegamenti tra quanto accaduto e le funzioni svolte dai loro assistiti. Alle società, in relazione alle responsabilità amministrative, in primo grado fu imposto il pagamento di trecento quote (da 500 euro). Decisione che tocca Eni, Cosmi Sud, Pec srl e Sg Sertec.

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