Informazioni da carabinieri, pg in Cassazione: “Per Rinzivillo escludere aggravante mafiosa”

 
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Gela. La richiesta è stata formulata nelle conclusioni della procura generale, che questa mattina in Corte di Cassazione ha chiesto l’annullamento con rinvio della condanna a dieci anni di detenzione imposta al boss Salvatore Rinzivillo. E’ accusato di aver ottenuto dati riservati da due carabinieri, che secondo le contestazioni si erano messi a sua disposizione. Come sostenuto dal legale di difesa (avvocato Roberto Afeltra), non ci sono i presupposti per riconoscere l’aggravante mafiosa. Indicazione colta dalla procura generale, che ha appunto richiesto l’annullamento proprio perché la Corte d’appello di Roma non aveva fatto venire meno l’aggravante dell’articolo 416 bis. Pare che i giudici di Cassazione, anche se la conferma arriverà domani, abbiano disposto proprio l’annullamento, con rinvio nuovamente ai giudici di secondo grado che dovranno ritornare sull’aggravante. Rinzivillo è già stato condannato in altri filoni processuali, quasi tutti scaturiti dai blitz antimafia “Extra fines-Druso” e “Cleandro”. L’esclusione dell’aggravante di mafia potrebbe diventare elemento difensivo anche rispetto agli altri procedimenti, per i quali il sessantenne (ristretto al 41 bis) ha incassato pesanti condanne. La procura generale, invece, ha chiesto di respingere i ricorsi presentati dalle difese dei due militari dell’arma infedeli, Cristiano Petrone e Marco Lazzari (rispettivamente difesi dai legali Silvia De Blasis e Cesare Placanica).

In appello, per loro era caduta la contestazione mafiosa. Erano stati decisi sei anni e un mese di detenzione per Lazzari (in primo grado condannato ad otto anni) e sei anni e undici mesi per Cristiano Petrone (in primo grado nove anni). La procura generale ha inoltre concluso ritenendo inammissibile il ricorso della difesa dell’avvocato Giandomenico D’Ambra (rappresentato dal legale Domenico Mariani), che si è rivolta alla Cassazione solo perché in appello non c’era stata la pronuncia su uno dei motivi di impugnazione. Per il resto, D’Ambra, considerato molto vicino a Rinzivillo, aveva già definito la posizione con un concordato. Gli investigatori romani, partendo sempre dai contatti del sessantenne gelese, sono arrivati a contestare agli imputati, a vario titolo, non solo l’accesso illecito ai sistemi informatici delle forze dell’ordine ma anche la corruzione.

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