Gela. Le richieste della procura generale verranno formalizzate nel corso della prossima udienza, fissata a metà febbraio. I ricorsi in appello sono stati presentati dai legali degli imputati condannati per i fatti dell’inchiesta “Donne d’onore”. Secondo le accuse, Nicola Liardo, dal carcere, sarebbe riuscito a controllare le estorsioni e l’affare della droga, attraverso i familiari. Le condanne di primo grado, seppur meno pesanti rispetto alle richieste dei pm della Dda di Caltanissetta, sono state impugnate in appello. Questa mattina, la Corte nissena ha acquisito la produzione documentale avanzata dalla difesa, nell’interesse di Dorotea Liardo, figlia di Nicola e a sua volta a processo. Il legale Davide Limoncello ha prodotto una cartella clinica, ritenuta utile rispetto alla posizione dell’imputata. In primo grado, al termine del dibattimento, sei anni e nove mesi di reclusione sono stati decisi proprio per Nicola Liardo (la richiesta dell’accusa era di ventuno anni di detenzione). Sei anni e sei mesi, invece, per il figlio, Giuseppe Liardo, sul quale pendevano diversi capi di accusa. La richiesta della Dda era di sedici anni e tre mesi. Gli sono state riconosciute le attenuanti generiche. Quattro anni di reclusione per Monia Greco. Le sono state riconosciute le attenuanti generiche (la richiesta era di dodici anni di detenzione). Otto mesi, con pena sospesa, per la figlia, Dorotea Liardo. Sono state riconosciute le attenuanti generiche e il capo di imputazione è stato riqualificato. Dai pm era stata avanzata la richiesta di condanna a dieci anni di detenzione. Tre anni e tre mesi di detenzione a Salvatore Raniolo. La richiesta di condanna era stata più consistente, a diciassette anni di detenzione. E’ stata riconosciuta la continuazione e le accuse sono state riqualificate. Anche i capi di imputazione maturati per il traffico di droga, ricostruito dai pm e dai carabinieri, sono stati riqualificati nelle ipotesi meno gravi.
Per Giuseppe Liardo l’assoluzione è stata pronunciata rispetto ai due danneggiamenti accertati dagli inquirenti. Non sono emersi elementi certi per ritenerlo coinvolto negli spari contro la saracinesca di un bar di corso Aldisio e contro l’abitazione di un imprenditore. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra e Davide Limoncello. Anche la procura ha proposto appello, ritenendo non congrue le pene imposte agli imputati.