Diciassette stagisti conseguono la qualifica di Operatore socio assistenziale

 
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Gela. Sono 17 gli stagisti dell’Enaip che hanno conseguito la qualifica di Osa, Operatore socio assistenziale. Ieri mattina, alla presenza di Giuseppe Domino, presidente della commissione, e dei formatori Maria Grazia Cicero e Angelo Indelicato, gli stagisti hanno sostenuto anche l’esame orale dopo un lungo percorso formativo che li ha visti impiegati in 7 diverse unità operative dell’ospedale “Vittorio Emanuele” e presso la Residenza sanitaria assistita Caposoprano. Il presidente provinciale dell’Enaip, Giuseppe Garuso, ha denunciato l’indisponibilità degli enti pubblici a garantire occupazione certa anche al personale qualificato, nonostante la carenza del personale anche tra le corsie ospedaliere.

Priscilla Giambra, una delle allieve del corso, ha incentrato la sua relazione sull’importanza di stare accanto ad un anziano per vivere intensamente quella che non è solo una crescita professionale ma soprattutto umana. “Convivere 24 ore su 24 con le stesse persone – racconta Priscilla – e nel contempo nuovi pazienti facevano il loro ingresso, ognuno con patologie differenti, Alzheimer, morbo di Parkinson, sindrome da immobilizzazione e tante altre ancora. Vivendo questa nuova realtà cresceva ancor di più dentro di me il desiderio di approfondire e frequentare il corso OSA. Molti si chiedevano come una ragazza di 22 anni avesse potuto scegliere di prestare assistenza proprio agli anziani non sapendo che proprio loro si pongono come un tassello fondamentale e insostituibile per il bagaglio culturale che porta con sé e che lo porta ad essere un enciclopedia vivente da cui attingere per ogni cosa ed anche per l’educazione dei bambini”.

“Tra volontariato e stage ho vissuto dentro la struttura per 10 mesi e le condizioni più comuni, che ho potuto constatare, in cui ritroviamo il soggetto anziano sono opposte: da una parte l’anziano che vive momenti di crisi e solitudine e dall’altra l’anziano che vive sereno, in un clima di sostegno e collaborazione”.

Che genere di vita (se di vita si può parlare), di mondo, di sé, rimane in una persona che ha perduto la maggior parte della memoria e con essa il suo passato e i suoi ormeggi nel tempo? Nel corso di questi mesi sono rimasta molto affascinata da questa realtà che ti chiede ogni giorno di metterti in gioco anche con pazienti che ormai come bambini hanno bisogno di imparare una seconda volta camminare per esempio, ma grazie all’ammirevole aiuto di medici, infermieri, OSA, OSS, fisioterapisti riescono ad arrivare a traguardi che sembrano impossibili. Ciò che mi ha anche colpita è stata la carica energetica che c’è tra tutto l’organico che si occupa di questi meravigliosi anziani, diventati ormai anche i miei nonnini di cui mi sono presa cura insieme ai miei colleghi con attenzione, cura, dedizione e tanto amore”.

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