Gela. Si dovrà ancora attendere prima che i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta formulino le loro richieste nei confronti dei ventidue imputati, a giudizio nel dibattimento scaturito dall’inchiesta “Tagli pregiati”.
Gli affari della mafia gelese al Nord. Il blitz scattò dieci anni fa e coinvolse diverse regioni italiane. Al centro dell’inchiesta, gli affari di cosa nostra gelese al Nord, con in testa quelli della famiglia Rinzivillo. Il pubblico ministero Gabriele Paci, infatti, ha chiesto un’integrazione alla lunghissima attività istruttoria fino ad ora già svolta. Si cercherà di valutare ulteriormente il ruolo di due degli imputati, ovvero Alfredo Santangelo e Giorgio Cannizzaro. Non a caso, è stato chiesto l’esame di altrettanti collaboratori di giustizia, ovvero Rosario Vizzini e Fabio Nicastro, per anni riferimenti di cosa nostra in Lombardia. Al centro delle richieste formulate dal pm della Dda, anche l’acquisizione del contenuto di alcune intercettazioni. La Dda nissena, però, sembra interessata a valutare anche i rapporti stretti, per un certo periodo di tempo, da esponenti delle famiglie gelesi con quelli dei clan catanesi e calabresi. E’ stato chiesto l’esame in aula di diversi investigatori che seguirono le indagini e di uno dei presunti uomini di collegamento. Richieste che, in realtà, hanno trovato l’opposizione da parte dei legali di difesa, convinti invece della completezza dell’attività istruttoria già svolta. Il presidente del collegio penale Lirio Conti, a latere Silvia Passanisi e Marica Marino, ha comunque accolto le richieste arrivate dal pm. A questo punto, si tornerà in aula il prossimo 26 settembre. Nel pool di difesa ci sono, tra gli altri, gli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Maurizio Scicolone, Cristina Alfieri, Nicoletta Cauchi, Raffaella Nastasi e Adriano Falsone. L’associazione antiracket “Gaetano Giordano” si è costituita parte civile con gli avvocati Giuseppe Panebianco e Grazio Ferrara, insieme ad altre associazioni e ad alcuni imprenditori che sarebbero finiti nel mirino dei clan.