Gela. Le società Eni e Raffineria di Gela vanno portate in giudizio come responsabili civili. La discarica nell’isola 32. La richiesta preliminare è arrivata dall’avvocato Lucio Greco, insieme al legale Davide Ancona, rappresentante di ventiquattro operai della fabbrica di contrada Piana del Signore che hanno scelto di costituirsi parte civile. Sono tutti aderenti alla sezione locale dell’Osservatorio nazionale amianto. Al centro del giudizio, c’è la maxi discarica di amianto che venne individuata, al termine di una lunga indagine, sull’isola 32 della fabbrica Eni. La vasca 4, stando alle accuse, sarebbe stata utilizzata per il deposito di amianto, senza però rispettare i protocolli di sicurezza. Protezioni precarie e pochi controlli avrebbero permesso alle pericolose fibre di raggiungere anche altre aree della fabbrica, mettendo a repentaglio la salute di decine di operai. A giudizio, sono finiti Bernardo Casa, Rosario Orlando, Arturo Anania, Biagio Genna e Aurelio Faraci. Tra le parti civili che hanno chiesto di costituirsi, ci sono anche il Comune, le associazioni Aria Nuova e Amici della Terra, il Ministero dell’ambiente e Vincenzo D’Agostino, per anni a contatto con le fibre d’amianto in raffineria. Sono rappresentati dagli avvocati Raffaella Nastasi, Flavio Sinatra, Joseph Donegani, Giuseppe Laspina, Antonino Ficarra e Giovanni Avila. Davanti alle richieste, i difensori degli imputati hanno contestato la legittimazione delle associazioni, del Comune e degli stessi operai a costituirsi parte civile. Le eccezioni in tal senso sono state sollevate dagli avvocati Carmen Toro e Gualtiero Cataldo, tra i difensori dei cinque imputati. La procura, rappresentata in aula dal pubblico ministero Lara Seccacini, non si è opposta alla costituzione di parte civile di associazioni e operai. Il giudice Lirio Conti ha deciso comunque di valutare tutti gli atti prima di decidere sulle eccezioni preliminari.
