Gela. E’ stata anche ascoltata in aula, questa mattina in Corte d’assise a Caltanissetta. Si tratta di un’intercettazione ambientale che per le difese di Nicola Liardo, del figlio Giuseppe Liardo e di Salvatore Raniolo, non conterrebbe alcuna frase che possa ricondurre all’omicidio del tassista Domenico Sequino. I tre imputati sono accusati di aver organizzato l’azione di morte, che sarebbe stata messa a segno da Raniolo e da un complice, rimasto però non identificato. I periti di parte (Pitzianti e Chiaromonte), scelti dalle difese, hanno confermato che nell’intercettazione non risulterebbe alcuna frase che possa collegarsi a quanto accaduto a Sequino, ucciso davanti al sagrato della chiesa Madre, in pieno centro storico. Su questa scorta, i legali degli imputati hanno chiesto e ottenuto un’integrazione di perizia proprio sull’intercettazione. I giudici nisseni hanno autorizzato. Gli imputati si sono sempre detti estranei all’omicidio, che invece secondo i pm della Dda di Caltanissetta e i carabinieri sarebbe stato deciso per ritorsione rispetto a somme di denaro delle quali Nicola Liardo avrebbe preteso la restituzione.
Fondamentali furono proprio le intercettazioni, anche in carcere, in gran parte già confluite in un’altra inchiesta, quella ribattezzata “Donne d’onore”. La famiglia della vittima, fin dall’inizio, ha seguito tutte le fasi sia dell’indagine che dell’attività in giudizio. E’ assistita dal legale Salvo Macrì, costituito parte civile. In aula, per sentire anche gli imputati, si tornerà a fine mese. Gli imputati sono difesi dai legali Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Antonio Gagliano e Gioacchino Genchi.