Gela. In aula si tornerà a marzo. Le difese hanno chiesto un termine per valutare gli atti della costituzione di parte civile, avanzata dai legali delle associazioni “Aria Nuova” e “Amici della Terra”, che segnalarono anomalie e possibili irregolarità nelle aree dei cantieri di quello che doveva essere il polo agro-fotovoltaico della cooperativa “Agroverde” ma che invece non vide mai la luce. Sono a processo, Stefano Italiano, che già allora era presidente della coop, l’imprenditore Emanuele Mondello, che con la sua azienda si occupò della prima fase del cantiere, e Ivano Ruscelloni, ex direttore dei lavori. Secondo la procura, ci furono irregolarità nello smaltimento degli inerti e dei rifiuti speciali generati dall’abbattimento di alcuni immobili. Sarebbe stato violato il testo unico ambiente, con gli inerti usati come sottofondo stradale, senza smaltirli in impianti autorizzati. Inoltre, sarebbero stati ammassati in aree non idonee. Dalle indagini, è emerso che Italiano, stando alle accuse, avrebbe omesso di consegnare ai tecnici di Arpa la documentazione necessaria per ricostruire le modalità di gestione degli inerti. I legali delle associazioni, gli avvocati Joseph Donegani e Giuseppe Purpura, nell’interesse dei presidenti, Saverio Di Blasi ed Emanuele Amato, hanno esposto le loro ragioni. Hanno riferito del danno ambientale che sarebbe stato determinato dal presunto smaltimento irregolare degli inerti. Di Blasi, anche pubblicamente, indicò le aree dove gli inerti e i resti erano stati smaltiti. Ragioni ulteriori che sono state poste alla base della richiesta di costituzione in giudizio. I difensori degli imputati, gli avvocati Angelo Fasulo, Giuseppe D’Aleo e Fabio Fargetta, hanno ribadito l’esigenza di un termine per approfondire la richiesta delle associazioni. Il dibattimento, davanti al giudice Martina Scuderoni, sarà aperto a marzo, quando ci saranno le richieste istruttorie anche del pm, in aula Tiziana Di Pietro.
I cantieri di quello che doveva essere l’ambizioso progetto “Ciliegino” partirono per poi essere fermati. Il maxi investimento sull’agro-fotovoltaico non ebbe più le basi per andare avanti. Negli anni successivi, ogni tentativo di riprendere il progetto andò a vuoto. Intere aree, tra le contrade Cappellania, Tenuta Bruca e Sant’Antonio, furono sbancate e diversi edifici demoliti.