Gela. Saranno sentiti funzionari di Ispra e del Ministero dell’ambiente. La decisione è stata formalizzata nel corso del dibattimento, scaturito da un’indagine condotta a seguito del rinvenimento, nei fondali prossimi al porto isola, di materiali ferrosi e resti di cantieri. Per la procura, come più volte ribadito dal procuratore capo Ferdinando Asaro, si trattò di smaltimento di rifiuti pericolosi, anche per questa ragione il pm si è sempre opposto alle richieste di oblazione avanzate dai difensori di manager e responsabili tecnici di Eni, che ne rispondono in giudizio. Nel corso dell’udienza tenutasi a fine dicembre, le difese hanno rinnovato la richiesta di oblazione, anche sulla base di quanto riferito da uno dei consulenti di parte, che ha escluso compromissioni ambientali dalla presenza di materiale di carpenteria. I legali degli imputati, già nel corso dell’attività processuale, hanno confermato che è stata condotta attività di rimozione del materiale individuato dai sub della capitaneria di porto. Secondo le difese, le procedure sono state rispettate.
Sono a processo, Bernardo Casa, Alfredo Barbaro, Settimio Guarrata, Calogero Sciascia e Arturo Anania. Nel procedimento, il Comune (rappresentato dal legale Ornella Crapanzano) e il Ministero dell’ambiente (attraverso l’Avvocatura dello Stato con il legale Giuseppe Laspina) sono parti civili. Le verifiche furono condotte proprio nel tratto di mare adiacente il porto isola, nella disponibilità di Eni. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Grazia Volo, Carlo Autru Ryolo e Gualtiero Cataldo.