Gela. L’inchiesta condotta dai pm della procura si concentrò su un lungo lasso di tempo e sulla presunta violazione degli obblighi di bonifica delle falde nelle aree della raffineria Eni. Ci sarebbero state violazioni delle disposizioni ministeriali. Dodici tra manager e responsabili tecnici di Eni ne devono rispondere davanti al giudice del tribunale. La vicenda, dopo la richiesta di giudizio dei pm, è arrivata a processo. Il dibattimento dovrebbe essere aperto a fine gennaio. Sarà il giudice Miriam D’Amore ad occuparsi del procedimento. Il ministero dell’ambiente avanzerà richiesta di costituzione come parte civile (assistito dall’avvocatura dello Stato con il legale Giuseppe Laspina). In settimana, il giudice Martina Scuderoni ha disposto la trasmissione degli atti al presidente della sezione penale D’Amore, tabellarmente competente. Le contestazioni vengono mosse ad Alfredo Barbaro, Ignazio Arces, Massimo Lo Faso, Claudia Di Marco, Marcello Tarantino, Arturo Anania, Calogero Sciascia, Luca Pardo, Sandro Oliveri, Gianluca D’Aquila, Silvio Ristagno e Pasquale Maltese. Le difese respingono le ipotesi di accusa e già i vertici Eni, negli scorsi mesi, si dissero pronti a chiarire in giudizio.
L’attività di indagine ha monitorato principalmente il ciclo degli impianti Taf, per il trattamento delle acque di falda, e Tas, per le acque di scarico. Secondo gli inquirenti, non sarebbero stati rispettati i parametri di bonifica previsti. Sarebbero stati accertati livelli di contaminazione. Gli imputati operano per Raffineria e Syndial (oggi Eni Rewind). Il progetto di bonifica risale invece al 2004. L’attività di indagine è stata condotta dai militari della capitaneria di porto e dai poliziotti del commissariato, coordinati dai pm. Nel corso dell’attività d’indagine furono eseguiti provvedimenti di sequestro.