Esercente doveva chiudere la sua attività, accuse estorsione: vicenda in giudizio

 
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Gela. I provvedimenti restrittivi vennero eseguiti lo scorso anno dai poliziotti della squadra mobile di Caltanissetta. Arriva a giudizio la vicenda della presunta estorsione subita dal titolare di una rivendita di frutta e verdura, che per gli inquirenti fu costretto a chiudere per evitare ritorsioni. Il giudizio è stato disposto per i coinvolti che furono destinatari dei provvedimenti eseguiti dai poliziotti. Le indagini, coordinate dai pm della Dda di Caltanissetta, si concentrarono sul quarantaquattrenne Emanuele Cassarà, sul cinquantunenne Marco Ferrigno e sul cinquantenne Massimo Terlati. In base alle contestazioni, l’esercente fu costretto ad abbassare la saracinesca della sua attività, avviata nella zona del centro storico, per evitare che potesse fare concorrenza all’esercizio commerciale di Cassarà, sempre nella stessa zona. Ci sarebbero state pesanti minacce, anche rispetto ad eventuali ritorsioni. Accuse che i tre hanno sempre respinto (sono difesi dai legali Flavio Sinatra e Cristina Alfieri). Sarà il collegio penale del tribunale a valutare le contestazioni. Il commerciante che sarebbe stato vittima della pressioni denunciò i fatti. Già nel recente passato ammise di essere stato vittima di minacce nell’ambito del procedimento scaturito dal blitz antimafia “Stella cadente”.

L’inchiesta per estorsione fu anche più ampia toccando presunte condotte illecite addebitate a due collaboratori di giustizia, che secondo gli inquirenti non avrebbero cessato di avere contatti con esponenti della criminalità organizzata del gruppo Rinzivillo. L’attenzione dei pm dell’antimafia nissena si concentrò su Roberto Di Stefano ed Emanuele Terlati.

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