Gela. “Masse di imbecilli”, come li definì Umberto Eco, oppure veri e propri malati patologici?
Il gioco…e non solo. Di certo, il gioco compulsivo e i social network rischiano di scalzare il primato delle tradizionali dipendenze, insomma quelle da droghe o alcol. La questione è stata al centro di un dibattito pubblico, organizzato dai soci del club Vela e dal vice presidente Sergio Antonuccio. “Lei vegeta, lei non soltanto ha rinunciato ai suoi interessi personali e a quelli sociali…non soltanto ha rinunciato a qualsiasi fine nella vita, eccettuato quello di vincere, ma perfino ai suoi ricordi”. Così, quando il ‘900 era ancora lontano da raggiungere, scriveva Fedor Dostoevskij nel suo “Il Giocatore”. L’alienazione da gioco compulsivo, in quel caso patita da Aleksej Ivanovic, è stata richiamata ad inizio dibattito dalla moderatrice Evita Lorefice, collaboratrice del quotidianodigela.it e curatrice della rubrica Sensi (in)versi. Allo stesso tavolo, il sociologo Francesco Piva, il direttore del Centro di salute mentale Franco Lauria e la psicologa Sara D’Amaro. Da quanto emerso, le patologie da gioco compulsivo e le stesse dipendenze da social sono fenomeni in espansione che non mancano di caratterizzare questo territorio. Se per Pira la “vita social” è comunque una realtà con la quale raffrontarsi, proprio perché prodotto di un diverso codice della modernità, per Lauria è invece quasi lo specchio di un tempo che ha oramai abbandonato strutture sociali tradizionali, spesso unico paravento all’avanzata di un costante isolamento, soprattutto dei più giovani. La psicologa D’Amaro, invece, ha tenuto a sottolineare come la ludopatia moderna non sia più soltanto una “piaga” in grado d’incancrenirsi nei tessuti del “malato” ma, in realtà, sia talmente acuta da stravolgere l’intera sfera familiare, rischiando di aprire un tunnel senza alcuna via d’uscita.