Gela. E’ stato fissato per il prossimo aprile il giudizio di Cassazione che riguarda tredici imputati, tutti coinvolti nella maxi inchiesta antimafia “Extra fines”. In questo filone processuale, le condanne impugnate riguardano imputati che optarono per il rito abbreviato. Le pronunce della Corte d’appello di Caltanissetta risalgono allo scorso marzo e i difensori si sono rivolti ai giudici romani nel tentativo di ottenere l’annullamento. L’inchiesta si concentrò sulla riorganizzazione del gruppo di Cosa nostra dei Rinzivillo, con a capo il sessantenne Salvatore Rinzivillo, condannato in appello a venti anni di detenzione. La sua posizione, così come quella di altri dodici imputati, sarà valutata nel giudizio di Cassazione. In secondo grado, la procura generale chiese nei suoi confronti ventidue anni di detenzione ma i giudici ribadirono la decisione del gup nisseno, confermando la condanna a vent’anni. Inoltre, per gli altri coinvolti in appello c’è stato il sì alle attenuanti generiche e l’entità delle pene è stata alleggerita. Cinque anni e quattro mesi di reclusione all’avvocato Giandomenico D’Ambra (in primo grado erano tredici anni e quattro mesi); nove anni a Gaetano Massimo Gallo (erano undici anni); due anni a Giuseppe Flavio Gallo (in primo grado due anni e otto mesi); quattro anni e cinque mesi ad Emanuele Romano (erano dieci anni e otto mesi); sei anni e otto mesi a Filippo Giannino (in primo grado dieci anni e otto mesi); cinque anni e otto mesi di reclusione per Alessandro Romano e Rosario Pione (erano dieci anni e otto mesi); dodici anni e quattro mesi per Aldo Pione (erano dieci anni e otto mesi), unificati rispetto ad un altro verdetto emesso nei suoi confronti; otto anni ad Ivano Martorana (in primo grado dodici anni e dieci mesi); sette anni e otto mesi a Rolando Parigi (dieci anni in primo grado); nove anni e otto mesi al carabiniere Marco Lazzari (erano dieci anni), al quale è stata riconosciuta la continuazione; cinque anni all’altro militare dell’arma, Cristiano Petrone, che era stato condannato in primo grado a sette anni.
L’attività investigativa si focalizzò sugli interessi che il sessantenne Rinzivillo concentrò a Roma ma anche nel nord Italia, sostenuto dagli altri imputati che però hanno sempre negato di far parte del gruppo di mafia. A chiedere la conferma di tutte le condanne, anche in appello, è stato inoltre il legale di un imprenditore locale, che secondo gli inquirenti fu vittima di richieste estorsive. L’avvocato Vittorio Giardino, parte civile nell’interesse dell’imprenditore, ha concluso per la conferma della pronuncia di primo grado che aveva riconosciuto una consistente provvisionale. Secondo gli investigatori, i boss ergastolani Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo decretarono il passaggio di consegne a capo del clan in favore del fratello Salvatore Rinzivillo, dopo il blitz “Extra fines” detenuto sotto regime di 41 bis. I pm della Dda di Caltanissetta e quelli romani monitorarono per diverso tempo l’evolversi della situazione, mettendo sotto stretta osservazione proprio Salvatore Rinzivillo, accusato di essere stato attivo sia nel gestire l’affare della droga sia nel controllo di attività economiche, sempre nell’interesse del clan. I giudici di Cassazione valuteranno i ricorsi presentati dalle difese. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Cristina Alfieri, Roberto Afeltra, Silvia De Blasis, Giuseppe D’Acquì, Rocco Guarnaccia, Giovanni Lomonaco, Michele D’Agostino, Umberto Goffi, Angelo Pacchioni, Patrizio Mercadante, Domenico Mariani, Cesare Placanica, Giuseppe Minà, Francesco Maggiolini e Pierpaolo Dell’Anno.