Gela. La preoccupazione è sempre più forte. I lavoratori del Consorzio di bonifica locale sono in enorme difficoltà. Gli stipendi arretrati arrivano a quasi quattro mensilità. I sindacati del settore, Flai-Cgil, Fai-Cisl e Filbi-Uil, hanno scritto nuovamente al commissario del Consorzio della Sicilia occidentale, del quale fa parte la struttura locale. Chiedono un incontro urgente e la sua presenza in città, così che possa toccare con mano le enormi difficoltà quotidiane che si affrontano. Da inizio mese, però, non è arrivato nessun riscontro. “I lavoratori sono alla fame”, dice il segretario provinciale della Flai-Cgil Peppe Randazzo, che costantemente è in contatto con i dipendenti del Consorzio di bonifica. Lo stato di agitazione non è mai stato revocato e dopo l’incontro di fine luglio nulla è cambiato. “Non è possibile andare avanti con retribuzioni arretrate fino a quattro mensilità – dice il sindacalista – ad oggi, nonostante il decreto di settembre, non è stato sbloccato neanche il contributo straordinario da 500 mila euro, che è stato previsto con un emendamento alla finanziaria presentato dal parlamentare regionale Nuccio Di Paola. Non si capisce perché sia ferma la procedura di stabilizzazione degli ex lsu. Per non parlare degli ex contrattisti, che di fatto portano avanti gli uffici del Consorzio. La Regione deve assicurare un contributo annuale per i pagamenti, diviso in due tranche semestrali. Al momento, non è stata sbloccata neanche la prima. Parliamo di lavoratori che vanno avanti con seicento euro al mese. Conosco situazioni veramente gravi, di dipendenti che hanno subito il distacco dell’energia elettrica in casa per morosità. Come possono andare avanti?”.
La crisi del Consorzio di bonifica sembra andare di pari passo con quella delle aree rurali della città, diventate terra di nessuno e lasciate al palo dalla cronica carenza idrica. Senza un efficiente sistema di dighe e con il Consorzio di bonifica non più in grado di coprire gli interventi, il comparto agricolo è vicino al tracollo. “In questo modo – conclude Randazzo – c’è un forte rischio per l’ordine sociale. Non escludiamo azioni forti di protesta. I lavoratori non ce la fanno più”. La politica locale dovrebbe dare molta più attenzione ad un settore che ancora oggi continua a rappresentare la fetta più consistente per l’occupazione sul territorio, fino a quando non cederanno anche gli ultimi baluardi.