Gela. L’accusa di tentato omicidio è stata derubricata in quella di minaccia aggravata e la condanna a due anni e quattro mesi di reclusione è stata imposta a Giuseppe Benedetto Curvà. Il dispositivo è stato letto in aula, nel tardo pomeriggio di oggi, dal presidente Miriam D’Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni). Era accusato anche della disponibilità di un’arma. Curvà sparò contro un’abitazione di via Annibal Caro. Usò una pistola e agì in pieno giorno. Inizialmente, era stato contestato il tentato omicidio perché il colpo avrebbe potuto raggiungere una giovane, che si trovava nell’abitazione. Proprio la ragazza, sentita in aula, ha messo in dubbio che l’imputato sapesse della sua presenza in quel momento, rilasciando dichiarazioni che si sono rivelate importanti per chiarire meglio la dinamica dei fatti. Il pm Marco Rota, nel corso della requisitoria, ha spiegato che sono venuti a mancare i presupposti per il reato di tentato omicidio e ha chiesto la derubricazione in minaccia aggravata. Il magistrato ha chiesto la condanna a tre anni e otto mesi. La difesa di Curvà, sostenuta dai legali Antonio Impellizzeri e Giovanni Lomonaco, aveva già optato per il rito abbreviato e l’imputato ha scelto di non essere sentito. I due difensori hanno escluso che ci fosse l’intenzione di colpire la giovane. “Fu un atto di rabbia, un danneggiamento, seguito all’aggressione che aveva subito solo poco prima”, è stato spiegato. Nelle ore precedenti, infatti, l’imputato venne affrontato e colpito con una pesante catena da due rivali, uno minorenne. Il quarantenne Crocifisso Di Gennaro ha patteggiato mentre il minore ne risponde davanti al gup del tribunale minorile di Caltanissetta. La risposta fu immediata a danno dell’abitazione dove vive la famiglia del minore, con l’esplosione di un colpo di pistola.
I difensori hanno inoltre sostenuto che si trattò di un’azione scaturita da “una provocazione”. La prima aggressione era avvenuta n via Bevilacqua e poi Curvà si vendicò appunto sparando all’immobile di via Annibal Caro. I pm della procura e i carabinieri ricostruirono l’intera vicenda, facendo riferimento soprattutto alle immagini dei sistemi di videosorveglianza. Parlarono di fatti molto gravi, verificatisi in pieno giorno.