Vittorio Sgarbi, irriverente e geniale insieme, martedì 17 maggio toccava territorio gelese grazie al Quotidiano di Gela e alla Fenice di Gianni Filippini.
Così comincia Sgarbi dentro un teatro gremito, “pensavo di trovare una città senza speranza, abbandonata a sé stessa. Ho voluto vedere il museo ma sembra un ospedale e tutti dentro un ospedale siamo un po’ più brutti. Ho visitato le mura Timoleontee che sono in mano ai randagi”. Questo, l’inizio del simposio di Sgarbi sulla bellezza, “la bellezza salverà il mondo ma chi salverà la bellezza? E che senso ha avere gran potere se non lo si usa per lasciare un segno di sé stessi?”. E quando pronuncia il nome dell’illuminato Presidente della Regione una platea gremita annuisce. Il tema sotteso all’apertura quindi è complicato ma di fatto ammanta l’intero motivo dell’evento: la bellezza, l’arte che non è mai – o quasi mai – uguale a sé stessa, fluisce nel divenire e interpreta sé stessa ogni volta in un modo che supera il precedente. È ancor più complicato – per certi versi paradossale – se oggi, a distanza di giorni, pensiamo che mentre Sgarbi recitava la bellezza e denunciava la distruzione del potenziale gelese, a Palazzo di Città l’ingresso era libero e la serata a tema. Lo slogan potrebbe esser riassunto così, “perdi anche tu la memoria. Per te ricchi premi in gettoni d’oro, televota anche tu la sfiducia all’assessore, dottore, egregio, architetto, ingegnere, poliglotta , Eugenio Catania. Chiama da telefono fisso o dall’estero e ti manderemo a casa un set di bigodini con annessa tinta color caramello”.
Un consiglio comunale bloccato, miracolosamente trasformato in monotematico per votare la sfiducia all’assessore.
Che piglio consiglieri! Che gladiatori coraggiosi! Che stile! Che combattenti senza paura! E intanto Sgarbi declinava l’arte… Diciamolo, è certamente vero che l’assessore – scusate – dottore, architetto, ingegnere, esimio, eccellentissimo, Eugenio Catania, sia stato delicato e gentile come un puma al circo, ma veramente pensate che alla città importi? Dove sono finiti i vostri slogan, vediamo se la memoria mi aiuta. Per il bene della città, dalla parte dei più deboli, con voi, dalla parte dei cittadini, a favore delle donne, ma soprattutto, “VERTENZA GELA”. Che fine ha fatto la sentitissima “Vertenza Gela” che vi ha fatto incatenare a Roma, gridare allo sciopero dell’acquisto di scarpe stringate, che vi faceva apparire cosi pii e connessi con i problemi dell’umanità quasi fino a creare una onlus: adotta un hashtag anche tu! E intanto Sgarbi citava Fontana e il suo taglio sulla tela.
Dove sta la bellezza allora? Nel senso di lesa maestà che è vostro e che vi ha fatto ululare alla luna per 1235648593634537 post di troppo o sta invece nella capacità di volare alto e ignorare con grazia ed eleganza tutto ciò che non importa alla città, nella capacità illuminata di sorvolare sul superfluo? Dove sta se non in quelle mura Timoleontee e nel museo definito ospedale da un cultore e conoscitore dell’arte: e badate bene, non c’è da offendersi, c’è da muoversi!
Dove stiamo andando esattamente? O dove pensate di condurci?
Allora passi che Casano – abbandonato il partito del Megafono – sembri confuso su dove esattamente andare e resti a metà strada tra Udc e Area popolare; e passi anche che il segretario dell’ Udc Salvatore Incardona, approfittando della reticenza del PD – al momento impegnato a sedare lotte intestine e dolori di pancia – si accaparri il consigliere Giovanni Panebianco e compia il miracolo di entrare in consiglio comunale, cosa che aveva la stessa probabilità di un “paghi uno prendi due” da Chanel. Non può passare però che l’espressione massima di una città – quale è il consiglio – già martoriata e immobilizzata si concentri volontariamente sul fatto che l’assessore, dottore, astronauta, comunicatore, egregio, quel giorno aveva il cellulare con rete WI-FI, se non altro perché le vostre energie meriterebbero motivi meno personali e meno social e più pregnanti, in ossequio alle res publica di cui tanto avete disquisito.
I propositi, per esempio, erano ottimi, dare un porto alla città, ma quale porto però, il vostro porto sicuro?
Ebbene, mentre Sgarbi declinava l’arte e instillava il sentimento d’orgoglio misto al dispiacere di una realtà innegabile per un museo così potenzialmente bello ma poco valorizzato o mentre quel lavoratore a cui avete stretto la mano gira per casa senza meta, un problema attanagliava le sorti di questa città e i supermercati aprivano tutti per consentire le scorte come in periodi di guerra: l’assessore Catania , plurititolato, con dita infuocate marchiate a fuoco FB , condivideva un post. Dove sta, allora, la bellezza? Chi indovina vince una parure di perle, d’allevamento però, manco a dirlo!