Gela. Stroncato, due anni fa, da un carcinoma maligno. I familiari si sono costituiti parte civile. Per la morte di un operaio sessantenne, il giudice dell’udienza preliminare Veronica Vaccaro ha disposto il rinvio a giudizio nei confronti di quattro tra titolari e responsabili di aziende dell’indotto Eni. Si tratta di società alle cui dipendenze l’operaio lavorò per diversi anni tra gli impianti della fabbrica di contrada Piana del Signore. Assolti, invece, gli altri tredici indagati, ovvero tecnici, funzionari e responsabili della raffineria Eni di contrada Piana del Signore. Il verdetto è arrivato dopo che la procura, con i sostituti Eugenia Belmonte e Silvia Schiavetta, ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti i diciassette finiti davanti al gup. Una richiesta contestata dai difensori che hanno escluso, comunque, un eventuale collegamento tra la patologia contratta dall’operaio e l’attività svolta in fabbrica. Stando alle difese, quindi, tutte le necessarie misure di precauzione e sicurezza sarebbero state adottate. Una linea del tutto diversa, invece, quella tracciata dagli stessi pm e dai legali dei familiari dell’operaio morto, costituti parte civile con gli avvocati Adriano Falsone e Giuseppe Licata. Anche per i legali di parte civile, così come per la procura, l’operaio sarebbe stato esposto ad enormi rischi per la sua salute. A giudizio, così, andranno solo i responsabili delle aziende che ebbero alle proprie dipendenze il lavoratore. Sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Angelo Licata, Maurizio Cannizzo, Raffaella Nastasi e Angelo Urrico.