Gela. Lavoravano in un esercizio commerciale avviato da cittadini cinesi. Giovani commesse dovevano rimanere a disposizione praticamente per l’intera settimana, senza sosta neppure nei giorni festivi. Venti euro a giornata e chi chiedeva di essere regolarizzata o di ottenere paghe superiori rischiava il licenziamento. Due esercenti cinesi, assistiti dal legale Vittorio Giardino, sono a processo davanti al giudice Marica Marino. E’ stato aperto il dibattimento. In aula, sono state sentite alcune delle giovani che segnalarono le presunte irregolarità. Non ci sarebbero stati veri e propri contratti. “Dovevo lavorare perché avevo bisogno – ha detto una delle ex dipendenti – le condizioni erano quelle e non si poteva avere altro. Arrivarono a chiederci attività ulteriori, come la pulizia dei bagni, che non rientravano nelle mansioni di commessa”. Secondo i pm della procura, ci sono le condizioni per l’ipotesi di estorsione, anche a seguito di violazioni della normativa in materia di lavoro. Vicende analoghe che sono state raccontate dalle testimoni, parti civili nel giudizio con i legali Tommaso Vespo, Joseph Donegani, Ivan Bellanti e Floreana Cacioppo.
Hanno risposto alle domande del pm Tiziana Di Pietro, del difensore e degli stessi legali che le rappresentano in giudizio. A seguito delle prime segnalazioni, partirono le verifiche. Per i due esercenti era già stato disposto il rinvio a giudizio. Venne stralciata la posizione di un terzo coinvolto, risultato irreperibile. La difesa ha chiesto ulteriori particolari, anche sul tipo di rapporto lavorativo instaurato. In aula, verranno sentiti altri testimoni.