Gela. Sono pesanti le richieste avanzate al termine della requisitoria dal pm della Dda di Caltanissetta Davide Spina. Gli imputati, tutti coinvolti nell’inchiesta antidroga “Boomerang”, vanno condannati. In totale, oltre ottant’anni di carcere, mettendo insieme l’entità di tutte le richieste formalizzate dal pm davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore. Il magistrato ha confermato le accuse mosse ai sette imputati in questo filone processuale. Altri coinvolti, invece, sono stati già condannati, anche in appello, a seguito della scelta del rito abbreviato. Il traffico di droga si sarebbe snodato tra la città e i poli catanesi e vittoriesi. Un asse che pare garantisse introiti, “anche se spesso il gruppo aveva difficoltà a recuperare i crediti dai clienti”, ha precisato il pm. Uno dei riferimenti per la droga in città, secondo quanto spiegato dal pm, era Salvatore Gambino, che si muoveva insieme ad un altro pezzo importante dell’organizzazione, Giacomo Gerbino, condannato in primo e secondo grado nell’altro filone processuale. Per Gambino (difeso dai legali Filippo Spina e Giovanni Lomonaco) è stata chiesta la condanna a ventiquattro anni e sei mesi di reclusione. Negli ultimi giorni, proprio Gambino, che era ristretto ai domiciliari per l’inchiesta “Boomerang”, è stato nuovamente arrestato. Si trova adesso in carcere. I carabinieri nella sua abitazione hanno sequestrato cocaina e hashish, che ritengono fossero destinate allo spaccio. Questa mattina, il gip del tribunale ha confermato la detenzione in carcere. L’obbligo di presentazione è stato imposto alla fidanzata, a sua volta sottoposta agli accertamenti dei carabinieri. Durante la requisitoria, inoltre, è stato confermato che i componenti del gruppo che ruotava intorno a Gerbino e Gambino avevano ruoli precisi, anzitutto per il trasporto della droga. Gerbino, che riusciva a mantenere i contatti con i fornitori e con i clienti nonostante fosse ristretto ai domiciliari, avrebbe sfruttato il permesso di lavorare in un autolavaggio della città proprio per mantenere le fila del traffico di sostanze stupefacenti. Prima del blitz, i carabinieri avevano già effettuato diversi sequestri e arresti. E’ stato ricostruito un incontro tra Gerbino e il boss stiddaro Bruno Di Giacomo, avvenuto nell’autolavaggio. Secondo l’accusa, proprio Di Giacomo aveva un suo uomo di fiducia, Rocco Carfì, accusato di far parte del giro della droga controllato dal gruppo. Nei suoi confronti, la richiesta di condanna è di undici anni e sei mesi d reclusione. Quindici anni e sei mesi, invece, sono stati chiesti per Salvatore Graziano Biundo (difeso dal legale Salvo Macrì), che si sarebbe messo a disposizione soprattutto per il trasporto della droga. A sostenere la strategia dei capi, sarebbe stato anche Giuseppe Celona, per il quale la richiesta di condanna è di dieci anni e sei mesi di detenzione. Quattro anni, invece, per Emanuele Iapichello.
La piena responsabilità è stata individuata per i contatti che l’organizzazione avrebbe avuto nelle zone catanesi e vittoriesi. Undici anni e sei mesi sono stati indicati per Gianfranco Vasile e sette anni per Salvatore Piva. “L’organizzazione esisteva ed era pienamente operante”, ha spiegato il pm. A gennaio, toccherà ai difensori esporre le rispettive conclusioni. Tra i legali, ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Cristina Alfieri, Carmelo Tuccio e Luigi Di Natale.