La procura di Ravenna ha aperto una indagine per fare luce sulla morte di per la morte di Nuccio Pizzardi l’operaio gelese di 43 anni morto martedì alla Cfs-Camlin, nell’area del petrolchimico di Ravenna. Secondo quanto finora emerso, l’uomo, in forza alla Cam Impianti, stava eseguendo lavori di manutenzione su un tubo che, forse a causa di una scintilla prodotta da un flessibile, è deflagrato schiacciandolo. Le condizioni del 43enne sono apparse subito gravi e il suo cuore ha cessato di battere durante il trasporto in ospedale. Pizzardi lascia la moglie e la figlia di 13 anni.
Ieri pomeriggio il consiglio comunale di Ravenna, ha osservato un minuto di silenzio in segno di cordoglio. “Le indagini accerteranno certo come possa essere accaduto un episodio tanto devastante – scrivono in una nota congiunta Rsu Cfs Europe, Filctem-CGIL, Femca-CISL, Uiltec-UIL, – ma è nostro dovere rilevare come la sequenza di incidenti gravi o mortali all’interno dei petrolchimici italiani inizi a configurarsi come intollerabile”.
“Petrolchimico di Ravenna: l’ennesimo omicidio sul lavoro” scrive invece una nota del Partito comunista dei lavoratori: “Sì, perché è ora di smetterla di chiamarli incidenti o morti bianche – afferma il Pcl – . Non c’è niente di “casuale’ o di “bianco”. Perché per questi morti non ci sono trasmissioni di approfondimento, plastici della fabbrica in prima serata, dibattiti e sdegno universale? Questi sono omicidi, nemmeno preterintenzionali, ma annunciati, con il padronato come mandante e il capitale come movente. La sicurezza sul lavoro è un dovere e un obbligo, non un costo”.
Nuccio Pizzardi aveva lasciato giovanissimo Gela alla ricerca di un lavoro stabile. In città era molto conosciuto. Era cresciuto all’oratorio salesiani. Tutti lo conoscevano come persona gentile e gran lavoratore.