Guarda che bel tramonto, solo quì si vedono certi colori, e guarda che mare, ascolta le onde mentre ,una dopo l’altra, rinascono da sé stesse.
Guarda che azzurro cristallino, manco in California, manco su “Baywatch” quando Pamela Anderson correva per salvare un bagnante.
Fammi un’altra foto, cerca di prendere anche quel colore verde che si vede solo da quella prospettiva così lo posto e sai che invidia a Milano, o lì nel Sudtirol.
Hanno detto che il mare di Gela non è bello, posta subito quella foto che hai fatto a febbraio a Gela mentre a Civitavecchia battevano i denti per il freddo e indossavano le calze di lana causa ibernazione dita dei piedi.
E diventa virale. Ed è psicosi.
Giorni e giorni di rumorose opere di convincimento a mezzo FB , di conversazioni illuminate tra una notifica e l’altra. Piccoli accorgimenti preziosi sul come camminare sulle acque, le stesse di questo mare che vuole essere mostrato come il più prezioso dei regali di Madre Natura in una terra che ha mietuto vittime , che cerca di alzare la testa e di ricominciare: allora, uno si aspetta che lo si difenda fino in fondo e non con una foto ma con una matita.
Il giorno del referendum sulle trivelle, visti i fatti accaduti poco prima di cui non sarà certo necessario fare la cronistoria, posto che ormai, dato quanto se n’è discusso, ne conoscono i risvolti pure lì nel Sudtirol dove la parola “impanata” sembra una parolaccia, diciamolo, ci si aspettava di trovarvi tutti allineati in costume con una matita bazooka in mano.
E invece no! La percentuale d’affluenza più bassa di tutta la Sicilia. Eravate indignati per questa occasione mancata? Non più di quanto non lo foste per la dichiarazione della signora Lucarelli, anche se, e questo bisogna dirlo, con quello striscione l’abbiamo fatta grossa e l’avremmo fatta grossa pure se fosse stato diretto alla signora che lavora alla Coop sebbene certo, in quel caso, non avrebbe avuto tutta questa eco.
Il mancato raggiungimento del quorum è stato immediatamente dimenticato, in favore prima della dichiarazione della Lucarelli e subito dopo dell’increscioso e vergognoso episodio dello stadio che ha tenuti molti (siamo onesti , tutti!) incollati sui gruppi di FB. Ora, continuando ad offendere gratuitamente, si sa è sempre facile; ora, indignandosi per lo spirito di appartenenza a questa città improvvisamente recuperato; ora, tessendo l’arringa perfetta a difesa della città.
Neanche i più presenzialisti su FB hanno proferito parola, né prima né dopo la votazione sul referendum, e non sempre il silenzio è una svista, il più delle volte è una scelta strategica. Hanno anche loro però preferito – quanto meno per non farci sentire la mancanza – creare sonetti populisti e farci conoscere il loro pensiero, ma guai a dir qualcosa su quel mare oggetto del referendum!
Non una parola sul paladino della legalità – l’illuminato Presidente della Regione – precursore indiscusso della questione trivelle, il quale agli albori della sua carriera politica, per capirci, ancor prima che diventasse il Sindaco del Rinascimento, era conosciuto oltreché per lavorare per il cane a sei zampe dall’abbaio infuocato, anche per essere un ambientalista convinto tanto da diventare candidato ed eletto (bontà nostra) nel partito della “Federazione dei verdi”. Non una parola quando ha dichiarato che avrebbe votato no (per dire sì). Nessuna indignazione. Nessuna psicosi.
Durante la campagna elettorale, prima ma pure dopo, avete fatto a gara usando parole al vetriolo contro questa città esortando addirittura i più testardi a scappare da questo posto. Io per prima, che ho studiato a Roma, ho sentito frasi come “ma che sei tornata a fare, qui è tutto brutto, non vedi le strade, non vedi i gelesi?“. Ne avete pubblicato i posti peggiori, avete tentato di demolire sul nascere quelli nuovi. Un esempio tra tutti è quello del nostro bellissimo lungomare il cui muretto vi ha tenuti svegli la notte come quando una zanzara killer vi ronza nell’orecchio e non si fa acchiappare. Poi, la signora Lucarelli esprime il suo giudizio e flotte di uomini e donne si incatenano e si indignano per una creatura come Gela che loro hanno contribuito a creare e, come se ciò non bastasse, invece che ristabilire le priorità e cominciare l’opera di miglioramento interiore sin dalle propria mura domestiche, fanno scempio di sé stessi e di conseguenza di un’intera città, esponendo quello striscione. Prima, appellandola come non vorrebbero mai veder appellata la figlia; poi, addirittura, invitandola ad amare Gela e a non criticarla (pena , evidentemente, l’infamia). Voi l’amereste qualcuno che via appella in quel modo? Se ciò non bastasse, invece di cercare di risalire la china parlando di altro, di cose che contano per intenderci, continuiamo a sviscerare la questione spremendola fino all’ultimo, con buona pace ovviamente per l’immagine di una città che, in ogni caso, noi e solo noi abbiamo contribuito – devo dire efficacemente – a rovinare quando, noi per primi e solo noi, abbiamo fotografato il mare ma non abbiamo portato a casa la carta dei panini. Perché siamo noi e solo noi i preziosi custodi di questo posto. Fino ad ora comunque i peggiori.
Scusa Gela.