Gela. Dopo il referendum della scorsa domenica, rimasto privo di quorum, ora l’ostacolo, almeno stando ai manager di Eni, si chiama Consiglio di stato. I sindacati contro gli alibi di Eni. Il prossimo 9 giugno, i giudici amministrativi saranno chiamati a valutare il ricorso presentato da una serie di associazioni ambientaliste e da alcune amministrazioni comunali, soprattutto del ragusano, contro il progetto “Off-shore ibleo” di Eni, un programma d’investimenti in mare che ricomprende anche la piattaforma Prezioso K. Insomma, anche nel corso del tavolo ministeriale di ieri, i manager del cane a sei zampe sono stati piuttosto chiari: niente piattaforma senza un verdetto definitivo dal Consiglio di stato. Quindi, tutto in stand by. Fino a quando? L’atteggiamento del gruppo Eni ha prodotto la reazione dei segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil e di quelli provinciali dei chimici di Filctem, Femca e Uiltec. “Oggi, il sindacato confederale – scrivono nel post vertice Ignazio Giudice, Emanuele Gallo, Maurizio Castania, Gaetano Catania e Francesco Emiliani – registra piccoli passi avanti per il progetto green, ma riscontra calma piatta sugli altri progetti, ad iniziare dalle fasi di progettazione e cantierizzazione della piattaforma PreziosoK. Il più grande investimento previsto nella fase di riconversione non può essere messo in dubbio dall’attesa del pronunciamento del Consiglio di stato, soprattutto dopo l’ok della Regione e del Ministero sulle concessioni. Tale atteggiamento si trasformerebbe nell’ennesimo colpo ai lavoratori dell’indotto e del diretto”. Eni cerca di utilizzare il ricorso presentato da ambientalisti ed enti comunali come paravento per fermare l’investimento da 1,8 miliardi di euro? Sembra questo il timore espresso dai sindacati mentre centinaia di operai dell’indotto Eni rimangono al palo. “Il sindacato, ancora una volta – continuano confederali e chimici – chiede ai governi una risposta certa sui fondi destinati agli ammortizzatori sociali da agganciare all’avvio dei cantieri. Cgil, Cisl e Uil, congiuntamente alle categorie regionali e territoriali di Filctem, Femca e Uiltec, chiedono al governo regionale una convocazione urgente per comprendere e definire la strategia istituzionale-rivendicativa da utilizzare nei confronti di Eni che non può e non deve usare alibi per rallentare investimenti, già ad oggi in ritardo”.
L’ammnistrazione…ci crede! Insomma, le parti sono piuttosto distanti nonostante i vertici di Eni abbiano confermato di voler ribadire l’intero cronoprogramma d’investimenti previsto nel protocollo d’intesa. In tutto questo, l’amministrazione comunale cerca di sondare il campo. “Quello tracciato al Mise da Eni per Gela è un quadro prevalentemente positivo – spiega l’assessore Simone Siciliano – con qualche incertezza nel contesto di una riqualificazione industriale tanto problematica quanto ormai sempre più prossima alla sua risoluzione. Grande fiducia poniamo alle attività extraprotocollo che Eni ha annunciato a dimostrazione dell’interesse industriale su Gela: dalla produzione del bio-olio ottenuto dalla frazione umida dei rifiuti solidi urbani alla realizzazione della catena di moduli a concentrazione solare, dalla base logistica per il monitoraggio ambientale con droni sottomarini per il controllo del mare Mediterraneo alle bonifiche sperimentali nelle aree Sin con tecnologie all’avanguardia quali la bioremediation e la fitodepurazione. Un altro passo importante è rappresentato dalla stazione sul Mediterraneo di gas naturale liquefatto per l’approvvigionamento di navi e mezzi pesanti nell’ottica di una mobilità sostenibile. Gli accordi attuativi saranno siglati in un paio di settimane da Regione, Comune ed Eni per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali alternative alla raffinazione classica ed in linea con la sostenibilità ambientale. Tempi celeri anche per i fondi di compensazione: entro 2 settimane sigleremo gli accordi di spendibilità per il piano di progetti che, nella massima condivisione tra Regione, Comune di Gela ed Eni, andrà discusso iniziativa per iniziativa. A seguire, in maniera ristretta, sono stati fissati i passi da percorrere per procedere con l’Accordo di Programma per l’area di crisi complessa”.
…e a Viggiano? Le reazioni, quindi, appaiono piuttosto diverse, almeno confrontando la preoccupazione dei sindacati con il timido ottimismo del vice sindaco Simone Siciliano. Chi avrà ragione? Intanto, sul tavolo romano si è discusso anche di stretta attualità, con quanto sta accadendo agli impianti Eni di Viggiano. Dopo l’avvio dell’inchiesta giudiziaria e il sequestro, l’azienda va verso la cassa integrazione. Sono almeno novanta gli operatori che da Gela sono stati collocati tra gli impianti lucani. Saranno posti anche loro in cassa integrazione? I sindacati del settore chimico non sembrano affatto d’accordo. Quei lavoratori, trasferiti da Gela in Basilicata, vanno tutelati e ricollocati in altri siti produttivi del gruppo multinazionale.