Gela. Due anni e otto mesi di reclusione, a fronte dei tre anni e otto mesi decisi invece in primo grado dal giudice dell’udienza preliminare. Il blitz “Affari di famiglia”. E’ arrivato il verdetto d’appello nei confronti del ventiseienne Giovanni Rinzivillo. Il giovane venne coinvolto nell’operazione “Affari di famiglia”, la stessa che condusse all’arresto del padre e di uno dei fratelli. I magistrati lo accusavano di tentata estorsione e lesioni. Tutto sarebbe scaturito da una presunta partita di droga non pagata da un cliente che, invece, fece perdere le proprie tracce. Così, i Rinzivillo presero di mira un conoscente del cliente in debito. Il giovanissimo e un suo coetaneo vennero prelevati in via Generale Cascino e poi costretti a seguire il gruppo tra le palazzine di contrada Scavone. Quì, sarebbe scattata l’aggressione, con tanto di minacce se la droga non fosse stata pagata. La difesa, rappresentata dall’avvocato Maurizio Scicolone, ha soprattutto sottolineato la necessità di una rideterminazione della pena sul piano del riconoscimento della recidiva. Inoltre, sono state messe in dubbio le ricostruzioni fornite dai testimoni che consentirono agli agenti di polizia del commissariato di risalire ai presunti responsabili e di arrestarli.