Terremoto Eni, 5 arresti a Viggiano: ai domiciliari anche un funzionario in servizio a Gela

 
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C’è anche un dirigente Eni in servizio a Gela tra i cinque arrestati di una inchiesta sullo smaltimento illecito di rifiuti in Basilicata.

AI domiciliari 5 funzionari e dipendenti del centro oli di Viggiano (Potenza) dell’Eni – dove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri. Un luogo in cui lavorano anche tanti dipendenti Eni di Gela. L’accusa è di  «attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti».

I carabinieri a Gela hanno condotto ai domiciliari Vincenzo Lisandrelli, da un anno responsabile a Gela di sicurezza e ambiente. Va precisato che l’indagine è tutta concentrata su Viggiano e il petrolchimico gelese non è coinvolto in nessun modo.

I provvedimenti cautelari nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia – sono stati eseguiti nelle province di
Potenza, Roma, Chieti, Genova, Grosseto e a Gela. I dettagli saranno illustrati alle 12 alla Procura di Potenza.

Sono 37 le persone indagate dalla Dda della Procura di Potenza nell’ambito di un’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti prodotti nel Centro Olio di Viggiano e sui livelli di emissione di sostanze inquinanti nell’area. L’Eni aveva subnito precisato di aver sempre rispettato l’ambiente.

L’inchiesta sul Centro oli Val d’Agri era venuta alla luce a febbraio dell’anno scorso con un primo “blitz” dell’Antimafia. Da allora l’ipotesi di reato indicata resta quella del «traffico di rifiuti» ma i filoni d’indagine si sono moltiplicati.

Sul tavolo degli inquirenti c’è il tema della corretta qualificazione dei reflui, che sono il prodotto della componente acquosa separata dal greggio destinato alla raffineria, più tutte le sostanze utilizzate per estrarlo e prepararlo all’immissione nell’oleodotto in direzione Taranto.

Dalla qualificazione del rifiuto prodotto dipende anche il tipo di trattamento da adottare per smaltirlo correttamente. E il sospetto degli investigatori del Noe dei carabinieri è che per anni non sia stato fatto nella maniera giusta, trascurando la presenza di elementi tossici ed esponendo al rischio di contaminazione non solo i lavoratori dell’impianto di smaltimento, ma anche l’ambiente dove al termine del trattamento vengono sversate le acque “ripulite”.

Oltre a quello sulla gestione dei reflui di produzione i pm diretti dal procuratore Gay avevano aperto subito anche altri 2 filoni d’indagine sulle emissioni prodotte dal Centro oli e sui loro effetti sulla salute dei lavoratori di Eni e indotto petrolifero. Per questo i carabinieri del Noe avevano già acquisito tutti i dati a disposizione delle centraline dell’Eni che monitorizzano in continuo quanto viene emesso in atmosfera: sia il dato “grezzo”, sia quello certificato dalla Ecb di Potenza, che in caso di superamento delle soglie autorizzate andrebbe auto-denunciato da Eni. Cosa che si sospetta non sia sempre avvenuta.

Da ultimo gli inquirenti si erano posti il problema degli effetti delle emissioni del Centro oli, quindi avevano acquisito gli elenchi dei lavoratori che gli gravitano attorno. In tutto si parla di oltre 5mila nominativi di persone potenzialmente “esposte” agli inquinanti immessi in atmosfera.

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