Gela. L’accusa è di omicidio colposo, per le conseguenze che poi portarono al decesso di un operaio, che lavorò alle dipendenze della Smim, una delle principali aziende dell’indotto Eni, negli scorsi anni dichiarata fallita. A processo, davanti al giudice Miriam D’Amore, c’è l’imprenditore Giancarlo Barbieri, che fu il proprietario dell’azienda metalmeccanica. Questa mattina, c’è stata la conferma dell’ammissione delle parti civili, i familiari del lavoratore e l’associazione Ona, rappresentati dall’avvocato Davide Ancona. In base alle contestazioni, non sarebbero state assunte tutte le necessarie precauzioni per evitare l’esposizione del lavoratore alle pericolose fibre di amianto. La patologia contratta, secondo quanto ricostruito dalla procura (in aula con il pm Mario Calabrese), sarebbe da collegare proprio all’esposizione all’amianto. La difesa esclude responsabilità dirette dell’imprenditore.
Barbieri è a processo, rappresentato dall’avvocato Flavio Sinatra. Il legale di parte civile, inoltre, ha chiesto e ottenuto la chiamata in giudizio della società Raffineria di Gela, come responsabile civile. I primi testimoni saranno sentiti nel corso della prossima udienza, fissata per novembre.