Scavi abusivi per piazzare i reperti sul mercato, cinque impugnano la condanna

 
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Gela. Avrebbero fatto parte di una presunta organizzazione capace di piazzare, anche a livello internazionale, reperti archeologici emersi da scavi abusivi condotti in città e in aree limitrofe.

Dopo essere stati coinvolti nella maxi inchiesta “Ghelas”, risalente a sette anni fa, ed essere stati condannati in primo grado, in cinque si sono rivolti ai giudici della corte d’appello di Caltanissetta. Si tratta di Pasquale De Domenico, Orazio Pellegrino, Giuseppe Cassisi, Gaetano Pisano e Vincenzo Boccadifuoco.
I cinque, difesi dagli avvocati Davide Limoncello, Maurizio Scicolone e Vincenzo Trantino, hanno impugnato la condanna di primo grado. Stando alle difese, infatti, non ci sarebbero elementi d’accusa tali da giustificare la sussistenza di una vera e propria organizzazione dedita agli scavi abusivi. I magistrati d’appello, intanto, hanno deciso di rinviare l’apertura del dibattimento all’udienza del prossimo 12 febbraio.
L’operazione venne condotta dai magistrati della procura insieme ai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale e ai militari della guardia di finanza. Tra gli organizzatori del presunto traffico di reperti archeologici ci sarebbe stato proprio Pellegrino. Vennero emessi ben cinquantadue provvedimenti dai magistrati impegnati nell’indagine. Per molti dei coinvolti, l’inchiesta si chiuse prima di arrivare davanti ai giudici.

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