Gela. Il presidente dell’associazione “Aria Nuova” Saverio Di Blasi, all’epoca dei fatti candidato a sindaco, si è difeso in aula, davanti al giudice Miriam D’Amore. Ha parlato di forti pressioni nei suoi confronti e del tentativo di farlo uscire del tutto dal dibattito pubblico. Ha citato il “sistema Crocetta”, più volte denunciato. Al termine del dibattimento, il giudice l’ha condannato a quattro mesi di reclusione, con l’accusa di diffamazione. Definì “delinquente” il funzionario di polizia Giovanni Giudice, che si è costituito parte civile, con il legale Ilenia Greco. Un’espressione che venne pronunciata nel corso di un comizio. Secondo Di Blasi, ci sarebbero state ripetute provocazioni, anche da parte del funzionario di polizia. Per il pm Pamela Cellura, si trattò comunque di “un’offesa vera e propria”, pronunciata nel corso di un’iniziativa pubblica. L’’accusa ha chiesto otto mesi di reclusione. Di Blasi, attraverso il proprio legale, l’avvocato Salvo Macrì, ha prodotto una memoria nella quale ripercorre dei precedenti legati anche al funzionario di polizia. L’imputato, in altri procedimenti, ha spiegato che fu preso di mira proprio a seguito delle denunce pubbliche. Ha richiamato un anomalo inseguimento, nel corso del quale rischiò la propria incolumità. Il legale di Giudice, riferendosi alle conclusioni del pm, ha indicato la condanna dell’imputato.
La difesa, invece, ha tratto spunto da vicende, comunque denunciate da Di Blasi, proprio per spiegare che in quella fase c’era forte tensione e anche le conclusioni che pose pubblicamente sul conto del funzionario di polizia sarebbero state legate ad atti investigativi, che furono ripresi nel corso del comizio e che erano già pubblici. Il poliziotto è stato coinvolto nell’indagine “Camaleonte” e Di Blasi ha messo in luce pure quest’aspetto, nel corso di un esame in aula, dai toni decisamente accesi. Per il giudice, però, sono emersi gli estremi della diffamazione. Dopo il deposito delle motivazioni, la difesa si rivolgerà alla Corte d’appello.