Gela. “I giovani non hanno voglia di lavorare e preferiscono il reddito di cittadinanza”. È un mantra ripetuto all’esasperazione e ormai se ne sente parlare da settimane. Ristoratori e imprenditori con le riaperture lamentano di faticare a trovare lavoratori, soprattutto giovani, per bar e ristoranti o come commessi nei negozi. La verità però è un’altra. Condizioni di lavoro precarie, paga non adeguata e spesso in nero e turni di lavoro massacranti hanno contribuito a innescare un processo per il quale i ragazzi disponibili a lavorare a queste condizioni sono sempre meno.
Eppure da troppo tempo nel nostro paese siamo soggetti ad un certo tipo di narrazione che vede i datori di lavoro alla ricerca disperata di personale che però non riescono a trovare, perché a quanto si dice i giovani non hanno voglia di lavorare, di “soffrire e rischiare” ma preferiscono percepire sussidi e aiuti statali e starsene sdraiati a non far nulla. Ma è davvero questa la realtà dei fatti?
Lo abbiamo chiesto a Martina, una lunga esperienza dietro al bancone di tanti locali in città, e che per questo ha dovuto fare i conti con condizioni di lavoro mortificanti, al limite dello sfruttamento.
Martina oggi ha scelto di raccontare la sua storia, sol perché ha finalmente trovato un datore di lavoro che l’ha assunta a condizioni dignitose e per questo non è più soggetta al ricatto del “O fai così o non lavorerai da nessuna parte”.
“Sto svelando il “segreto di Pulcinella” – racconta Martina – gli imprenditori che si lamentano che i giovani preferiscono il reddito di cittadinanza omettono di dire che loro non hanno mai fatto un contratto regolare, hanno elargito paghe da fame e non hanno mai garantito le minime tutele ai loro lavoratori. Questa è schiavitù, non lavoro”.
La storia passata di Martina è purtroppo il presente di tanti giovani in città che hanno paura di esporsi per non perdere l’opportunità di lavorare.
“Io ho avuto la fortuna, dopo mille peripezie, di trovare un datore di lavoro che mi ha assunta regolarmente, garantendomi ogni diritto – dice – per tanti ragazzi invece non è così. In molti sono stati costretti ad emigrare perché qui non c’era possibilità di lavorare se non a condizioni degradanti ed umilianti.
La situazione è simile in tanti posti in città, che ricercano giovani da assumere. Turni di lavoro estenuanti che non sono mai chiari e definiti, soprattutto per chi lavora nella ristorazione, contratti che non riportano le vere ore di lavoro dei dipendenti i quali spesso ricevono metà del loro salario “fuori busta”. Se a questo aggiungiamo l’incertezza e la pressione che derivano dalla possibilità di essere rimpiazzati in ogni momento ecco qui la ricetta perfetta per la disoccupazione giovanile.
“Qui, se sei fortunato, trovi l’amico che ti “raccomanda” per farti lavorare alle condizioni dettate dagli imprenditori – racconta con amarezza Martina – 12 ore di lavoro al giorno che ti spacca la schiena, a 500 euro al mese ed il più delle volte in nero”.
“Di tutele naturalmente, neanche a parlarne – aggiunge Martina – anzi, se arriva l’Ispettorato del Lavoro ti costringono a dire che sei lì in prova da un giorno, anche se magari ci lavori da anni. condizioni umilianti che oggi purtroppo molti ragazzi sono costretti ad accettare per bisogno”
Sfruttati al limite della schiavitù e sempre in bilico tra la disoccupazione e il licenziamento, i giovani vivono il mondo del lavoro come una prigione in cui ribellarsi è il primo passo per essere sostituiti. E a loro che Martina lancia un appello.
“Non andate al lavoro da questi soggetti – dice Martina – non sottostate al ricatto, anzi denunciate se potete. Mettiamo fine a questa vergogna, il lavoro deve essere un diritto, non una schiavitù”.
Brava Martina. Spero che ciò che dice verrà confermato da tanti giovani come lei che sono nella stessa situazione ma hanno paura di perdere il lavoro. Aggiungo che non hanno diritto a giorni liberi ad ammalarsi a ferie, nulla di nulla. Vediamo se una volta per tutte i commercianti la smettono di piangere perché non trovano giovani schiavi….. Basta!!! Ribellatevi. Parlate …ta.to senza di voi non potranno lavorare.
Sfruttatori