Il rogo che distrusse l’Hi-Tech Cafè, “le fiamme erano alte e scappammo in strada”

 
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Gela. “Abbiamo visto le fiamme alte e siamo subito scesi in strada. Io ero addirittura in pigiama”. Il rogo distrusse il locale. A parlare, davanti al giudice Manuela Matta, è stata una delle residenti dello stabile danneggiato dall’incendio dell’allora Hi-Tech Cafè di via Licata, nella zona di Caposoprano. Una versione dei fatti ribadita in aula anche da altri residenti della zona e dal proprietario dell’immobile che ospitava l’attività commerciale. A processo, per quei fatti, sono finiti il quarantenne Rocco Ascia, gestore del locale, e Alessandro Di Fede, giovane che sarebbe stato incaricato di appiccare le fiamme proprio dall’allora titolare. Un presunto sistema organizzato per incassare la polizza assicurativa: questo pensano i magistrati della procura che hanno portato a processo i due imputati dopo la conclusione delle indagini condotte dai carabinieri. I testimoni hanno risposto alle domande formulate dai legali di fiducia di Ascia e Di Fede, gli avvocati Salvo Macrì e Vincenzo Vitello. Parti civili nel procedimento, con l’avvocato Olaf Orlando, sono i proprietari dell’immobile danneggiato dal rogo che distrusse completamente il locale. I difensori hanno formulato le proprie domande dopo essersi opposti, nelle scorse udienze, alla rinnovazione degli atti successiva al mutamento del giudice. Tutto nel tentativo di acquisire ulteriori elementi davanti ad un nuovo giudice. Non è mancata la tensione in aula, soprattutto quando il giudice Matta ha disposto, per la prossima udienza fissata a settembre, di portare in aula praticamente tutti i testi della lista presentata dall’avvocato Macrì, in totale circa venti.

 

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