“Leonessa”, pg in appello: “Condannare imputati anche per mafia”

 
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Gela. Ieri, il collegio penale del tribunale di Brescia ha disposto la condanna di undici imputati, tutti coinvolti nel maxi blitz “Leonessa”. La pena più pesante, a sedici anni e un mese di reclusione, è stata imposta al consulente Rosario Marchese, ritenuto vero ideatore del sistema milionario delle compensazioni tributarie illecite. I giudici non hanno però riconosciuto l’esistenza di un’organizzazione mafiosa, che per i pm della Dda di Brescia avrebbe sfruttato i fondi illeciti per sviluppare attività in Lombardia e non solo. Sono state cinque le assoluzioni. Martedì, davanti alla Corte d’appello bresciana, invece, la procura generale è ritornata a chiedere condanne, anche per associazione mafiosa, nei confronti di altri coinvolti nel blitz “Leonessa”. In primo grado, attraverso i legali di difesa, i sei imputati avevano optato per il giudizio abbreviato. Il gup del tribunale lombardo, lo scorso anno, decise per le condanne, ma anche in questo caso senza individuare gli estremi dell’appartenenza alla stidda, come invece indicato dalla procura antimafia. In secondo grado, l’accusa ha ribadito le conclusioni, spiegando che gli imputati avrebbero fatto parte del gruppo stiddaro, che a Brescia e nell’hinterland avrebbe esportato lo stesso modus operandi adottato nel territorio gelese. In questo filone processuale, sono imputati Roberto Raniolo, Francesco Scopece, Salvatore Sambito, Luca Verza, Giuseppe Tallarita e Giuseppe Nastasi. La procura generale ha concluso, chiedendo per tutti la condanna, di entità più elevata se venisse riconosciuta la contestazione mafiosa. Il gup Roberto Moreschi, lo scorso anno, pronunciò condanne, con la pena più consistente a cinque anni e otto mesi di detenzione, imposta a Raniolo che però non fu ritenuto capo. Nei suoi confronti erano concentrate le accuse più pesanti. E’ stato assolto per due ipotesi di estorsione. Secondo la procura generale, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, ci sono tutte le condizioni per riconoscere l’esistenza dell’organizzazione mafiosa, come spiegato nel procedimento parallelo, conclusosi ieri, dal pm della Dda Paolo Savio.

I difensori di tutti gli imputati hanno impugnato le condanne del gup. I sei, secondo le accuse, sarebbero stati coinvolti a loro volta nel vasto giro di consulenze per le compensazioni illecite, supportando il sistema strutturato da Marchese. Ricostruzione messa in dubbio dalle difese, che hanno esposto le rispettive conclusioni, ancora una volta respingendo l’ipotesi mafiosa. La prossima udienza è fissata a giugno, quando i giudici di appello potrebbero pronunciarsi, aprendo un ulteriore capitolo in un procedimento molto complesso, tutto scaturito dall’inchiesta “Leonessa”.

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