Gela. Lo scorso anno, arrivò la condanna definitiva, con una sentenza di Cassazione che confermò i due anni di reclusione all’esercente trentaduenne Vincenzo Famà. Insieme al fratello, appiccò le fiamme ad un magazzino per la vendita di bibite, da loro stessi gestito. La struttura venne danneggiata, in pieno centro storico. Davanti alla condanna definitiva, la difesa, sostenuta dall’avvocato Rosario Prudenti, si è rivolta al tribunale di sorveglianza di Caltanissetta. I giudici nisseni, esaminando le richieste del legale e la posizione dell’esercente che gestisce un bar in città, hanno concesso l’affidamento in prova ai servizi sociali. Svolgerà attività a favore di un’associazione di protezione civile. Per i giudici, così come esposto dalla difesa, ci sono tutte le condizioni per evitare la detenzione e consentire al trentaduenne di svolgere attività sociale. L’incendio, come ricostruirono i pm e i poliziotti del commissariato, sarebbe dovuto servire ad incassare le somme della polizza assicurativa. La contestazione mossa al trentaduenne e al fratello era quella di truffa. La condanna è stata confermata in tutti i gradi di giudizio e lo scorso anno la Cassazione ha ribadito la decisione. A seguito del rogo, partirono le indagini, anche su valutazioni della compagnia assicurativa.
Emerse che ad agire furono i due gestori dell’attività. Negli scorsi anni, gli esercenti denunciarono pressioni e richieste estorsive e le loro dichiarazioni entrarono a far parte del materiale investigativo, alla base dell’inchiesta “Stella cadente” che portò all’arresto di diversi presunti stiddari.