Gela. I lavoratori dell’indotto sono scesi in strada già nelle scorse ore e, adesso, arriva anche il via libera dalla prefettura per la mobilitazione del diretto a “produzione zero”. Fermi anche i pozzi Enimed. A partire da domani, e per le successive ventiquattr’ore, si fermeranno tutti i pozzi estrattivi di Enimed, ad eccezione di un’unica pipeline che rimarrà attiva, praticamente a servizio minimo, solo per esigenze di sicurezza. La stessa produzione del Green stream, il canale che consente il passaggio del gas dalle coste africane a quelle locali, verrà ridotta al minimo. “I trasferimenti di gas verranno ridotti e distribuiti su tre giorni – spiegano i segretari di Filctem, Femca e Uiltec – in sostanza, la produzione in transito di un unico giorno verrà invece scorporata su tre giornate. Un rallentamento evidente che abbiamo chiesto con forza. Inoltre, all’interno della raffineria rimarrà attivo solo l’impianto biologico per il trattamento dei reflui. Anche in questo caso, si tratta di ragioni di sicurezza. Per il resto, gli impianti rimasti in marcia verranno tutti fermati”. Da diverse settimane, gli operatori del gruppo Eni avevano annunciato il fermo per il 20 gennaio. Protestano contro il possibile disimpegno di Eni non solo da Gela ma anche da altri siti italiani. “E’ importante unire le forze – continuano i segretari Gaetano Catania, Francesco Emiliani e Maurizio Castania – diversi operatori Eni hanno scelto già nelle scorse ore di astenersi dal lavoro davanti alla protesta dell’indotto”. Il vertice in prefettura si è tenuto proprio per individuare le necessarie misure di salvaguardia da adottare con il fermo degli impianti. “Un fermo di questo tipo – concludono – non si riusciva ad ottenere da circa quattordici anni”.
Slitta al 22 gennaio l’incontro sull’accordo di programma. Intanto, l’incontro fissato al ministero dello sviluppo economico sull’accordo di programma slitta al 22 gennaio. Impegni dei funzionari regionali hanno determinato lo spostamento.
L’Ugl contro le “promesse da marinaio”. A prendere posizione è anche il segretario provinciale dell’Ugl chimici Andrea Alario. “L’esasperazione dei lavoratori è il risultato dell’ennesima promessa da marinaio sul rilancio del sito – spiega – nonostante il premier Renzi in persona sia venuto la scorsa estate a sostenere il progetto, ad oggi tutto è fermo. Ci aspettiamo che la situazione si sblocchi immediatamente”.