Brescia. Mancate notifiche ma anche una serie di eccezioni preliminari non hanno permesso di aprire il dibattimento nel filone più vasto della maxi inchiesta antimafia “Leonessa”, coordinata dalla Dda di Brescia. E’ stata la volta, infatti, di altri cinquantaquattro imputati, che dopo il rinvio a giudizio sono a processo davanti al giudice del tribunale lombardo. E’ probabile, però, che cambi la competenza, come già preannunciato dal pubblico ministero, che avanzerà una richiesta affinché sia il collegio ad occuparsene. In questa costola processuale, viene contestata l’aggravante del “metodo mafioso”. Gli investigatori sono certi che anche professionisti, imprenditori e funzionari, coinvolti nell’indagine, avrebbero favorito il gruppo del consulente Rosario Marchese (già a processo per questi fatti). E’ indicato come la mente del sistema milionario delle compensazioni indebite, che sarebbe servito a finanziare il clan degli stiddari, che pare avesse fatto base anche nella zona di Brescia.
Altri presunti complici sono imputati nel dibattimento in corso, sempre davanti al collegio bresciano, che si avvia a conclusione. A maggio, invece, è fissato il procedimento di appello per altri coinvolti, nei cui confronti, in abbreviato, non è stata riconosciuta l’appartenenza al gruppo di mafia. Per valutare sulle eccezioni, comprese quelle delle difese che tra gli altri aspetti indicano una competenza territoriale su Gela (almeno per determinati capi di imputazione), si tornerà in aula, a Brescia, il prossimo settembre.