“Mai imposizioni per le forniture dei prodotti di pasticceria”, parlano titolari bar

 
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Gela. Le forniture dei prodotti di pasticceria non furono imposte. Così hanno spiegato i titolari di tre bar della città, chiamati a testimoniare dalla difesa di uno degli imputati, Samuele Cammalleri, a processo per la maxi inchiesta antimafia “Stella cadente”. I testimoni, davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Giuseppe Tripi e Vincenzo Accardo), hanno tutti spiegato di aver contattato il bar di famiglia dell’imputato, per avere le forniture “di cornetti e genovesi”. Non ci furono né pressioni né minacce. Normalmente, in base a quanto è stato riferito, le forniture venivano pagate a cinquanta centesimi per pezzo. I testimoni sentiti hanno confermato la stessa versione. Furono loro a prendere contatti, conoscendo la qualità di quei prodotti. Le stesse indicazioni sono arrivate dal titolare di un market, che invece fornisce ormai da anni il bar della famiglia di Cammalleri. “Feci forniture anche a Bruno Di Giacomo, almeno per un anno – ha detto il testimone – fino a quando non fu arrestato”. Né lo stesso Di Giacomo né Cammalleri gli avrebbero mai imposto rapporti commerciali. I pm dell’antimafia di Caltanissetta (in aula con il pm Claudia Pasciuti), che coordinarono il blitz “Stella cadente”, ritengono invece che Bruno Di Giacomo, considerato nuovo punto di riferimento della stidda, avrebbe agito per imporre forniture solo attraverso aziende vicine al gruppo, costringendo diversi esercenti ad accettare le sue condizioni. Gli stiddari, secondo i pm, si erano riorganizzati, non solo con le estorsioni, ma anche con la disponibilità di armi e con lo spaccio di droga. Le difese, a cominciare da quella dello stesso Cammalleri (sostenuta dagli avvocati Carmelo Tuccio e Flavio Sinatra), escludono invece che fosse stata strutturata una vera e propria organizzazione, capace di dettare legge, a danno di molti esercenti della città.

In questo filone processuale, sono imputati, inoltre, Giovanni Di Giacomo, Salvatore Antonuccio, Alessandro Pennata, Vincenzo Di Giacomo, Benito Peritore, Vincenzo Di Maggio, Giuseppe Truculento, Giuseppe Vella, Giuseppe Nastasi e Rocco Di Giacomo. Parti civili sono la Fai e l’associazione antiracket, con gli avvocati Valentina Lo Porto e Mario Ceraolo, e l’ambulante Saverio Scilio, attraverso l’avvocato Alessandra Campailla. Parte civile, ma solo per alcuni capi di imputazione, è anche uno degli imputati, Rocco Di Giacomo, rappresentato dall’avvocato Antonio Gagliano. E’ ancora lunga la lista dei testimoni, che parleranno in aula, in un dibattimento assai complesso, scaturito da una vasta indagine, che ha poi avuto riscontri investigativi fuori dalla Sicilia. Tra i difensori degli imputati ci sono gli avvocati Giovanna Zappulla, Cristina Alfieri, Ivan Bellanti, Enrico Aliotta e Antonio Impellizzeri.

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