Gela. Arriva davanti ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta la vicenda della presunta riorganizzazione del clan Rinzivillo in città.
Via all’appello per Pardo. A contestare la condanna, infatti, è il trentaquattrenne Davide Pardo. A maggio, quello che viene ritenuto tra i vertici del clan, fu condannato a sedici anni di reclusione dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale nisseno Francesco Lauricella. Finì al centro del blitz “Fabula”, coordinato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta ed eseguito dai poliziotti della mobile e da quelli del commissariato di via Zucchetto. Il suo legale di fiducia, l’avvocato Cristina Alfieri, ha impugnato la sentenza di condanna e già nelle prossime settimane partirà il procedimento di secondo grado. La difesa, infatti, ha sempre escluso che Davide Pardo abbia fatto parte del clan che avrebbe tentato di “rigenerarsi”. Oltre all’appartenenza a cosa nostra, i magistrati gli contestavano la disponibilità di armi.
La procura generale ha impugnato la codanna di Di Stefano. Il blitz “Fabula” condusse all’arresto anche del quarantasettenne Roberto Di Stefano. L’ex collaboratore di giustizia, zio dello stesso Pardo, è stato condannato ad otto anni di detenzione. In base alla ricostruzione investigativa, sarebbe tornato in città, dopo aver scelto di lasciare il programma speciale di protezione per i collaboratori, con l’obiettivo di riprendersi la famiglia Rinzivillo. Così, sarebbero scattati contrasti proprio con lo stesso Davide Pardo. La difesa di Di Stefano ha scelto di non proporre appello. La procura generale, però, ha impugnato la sentenza di condanna in Cassazione. Al quarantasettenne, in primo grado, venne riconosciuto il beneficio legato alla collaborazione, tanto da ricevere un verdetto più tenue rispetto alle richieste arrivate dai magistrati della Dda.
Caduta l’accusa di assocazione mafiosa per Cassarà. Al centro dell’inchiesta, finì anche l’imprenditore Nicolò Cassarà. Difeso dall’avvocato Giovanni Lomonaco, su di lui non grava più l’accusa originaria di associazione mafiosa. E’ stato rinviato a giudizio per due presunte estorsioni messe in atto ai danni di altrettanti imprenditori locali. Cassarà, a febbraio, si presenterà davanti ai giudici del tribunale di Gela.