Gela. Il rischio di infiltrazioni criminali ha spinto la prefettura di Roma a negare l’iscrizione nella white list, delle aziende libere da condizionamenti, di una delle società del gruppo gelese Mendola. Gli imprenditori, che hanno impugnato attraverso i loro legali tutti i provvedimenti interdittivi, avevano ottenuto una decisione favorevole dal Tar Lazio, ma il Consiglio di Stato ha ribaltato, accogliendo il ricorso della stessa prefettura capitolina e del Ministero dell’interno. Secondo i giudici del Consiglio di Stato la decisione del Tar è da rivedere integralmente, perché sussisterebbero i rischi di infiltrazioni, anche per “frequentazioni” degli imprenditori gelesi. “Ancora va rilevato che nella fattispecie che occupa, intrecci familiari e di relazioni economiche, si ripetono – insieme ai rilievi di frequentazioni – in modo così diffuso e capillare da rendere indifferente l’obiezione della risalenza di taluni controlli”, scrivono i giudici nelle motivazioni pubblicate e nelle quali sono stati omissati i riferimenti alla società e agli stessi imprenditori. I legali della società hanno escluso condizionamenti e fatto riferimento a vicende giudiziarie, ormai risalenti, mentre i magistrati amministrativi romani citano anche procedimenti in corso. Secondo il Consiglio di Stato, il rischio di infiltrazioni criminali è supportato da “indizi gravi, precisi e concordanti”. La società al centro delle verifiche ha stabilito la sede legale a Roma nel 2016, diventando una Spa, impegnata soprattutto nel settore metalmeccanico e delle installazioni di impianti industriali.
I legali degli imprenditori, tra gli altri aspetti, hanno sottolineato come i fratelli non ricoprano incarichi aziendali. Il Consiglio di Stato ha però disposto di respingere il ricorso che era stato presentato al Tar, dando ragione alle richieste del Ministero e della prefettura di Roma, che hanno escluso la società dalla white list dei fornitori.