Gela. Inizialmente, non si sarebbe neanche accorto che i fragori di quella sera, in pieno centro storico, erano degli spari. Li aveva scambiati per petardi, ma poi vide che il tassista Domenico Sequino era stato colpito a morte. In aula, davanti ai giudici della Corte d’assise di Caltanissetta, è stato sentito un testimone oculare. Era presenta la sera dell’omicidio, quando Sequino fu raggiunto da più colpi di pistola, che non gli lasciarono scampo. Il testimone ha spiegato che chi agì lo fece usando un casco integrale. Erano in due e uno sparò alle spalle di Sequino, che si trovava a poca distanza dalla chiesa Madre. Giocava a carte, insieme ad altri conoscenti, quando i killer, entrambi con i caschi, entrarono in azione. Uno sparò e l’altro attendeva in sella ad uno scooter, sul quale si diedero poi alla fuga. Indossavano abbigliamento di tonalità scure e i caschi hanno impedito qualsiasi riconoscimento. Per i pm della Dda di Caltanissetta, però, a sparare sarebbe stato Salvatore Raniolo, su ordine di Nicola Liardo e del figlio, Giuseppe Liardo. L’altro complice, invece, non è stato individuato. I tre sono a processo. Il testimone ha risposto alle domande del pm e dei difensori degli imputati. I due Liardo e Raniolo si sono sempre detti estranei ai fatti. In aula, questa mattina, sono stati sentiti anche due periti. I tecnici hanno riferito sulla balistica, con i quattro colpi che sono partiti dalla stessa canna, con il medesimo calibro; ma anche sui supporti di intercettazioni che le difese ritengono decisive.
Si tratta dei dialoghi intercettati in carcere, tra i Liardo. I legali degli imputati hanno ancora sollevato dubbi sulla conformità delle attività tecniche effettuate sulle stesse intercettazioni e sui supporti. Una questione che si è posta anche in un’altra indagine che ha toccato i Liardo, quella ribattezzata “Donne d’onore”. In aula, si tornerà a marzo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Antonio Gagliano e Gioacchino Genchi. I familiari di Sequino sono parti civili, assistiti dal legale Salvo Macrì, e hanno seguito tutte le fasi delle lunga inchiesta.