Gela. Furono denunciati, perché accusati di essersi appropriati di una fornitura di bibite, all’ingrosso. Il danno, per la ditta che non incassò le cifre previste, si sarebbe aggirato intorno ai trentamila euro. Negli scorsi giorni, davanti al giudice Eva Nicastro, gli esercenti Francesco Famà e Vincenzo Famà hanno respinto le contestazioni. Hanno escluso di aver avuto intenzione di raggirare i fornitori. Anche gli imputati, in quel periodo, si occupavano di attività del settore. Secondo l’accusa, avrebbero usato assegni scoperti, per il pagamento. Una ricostruzione che i due esercenti, a processo insieme ad un’altra imputata, Roberta Specchio, hanno negato. Per i legali che li rappresentano, gli avvocati Rosario Prudenti e Valentina Lo Porto, non ci sarebbero certezze neanche sull’effettivo riconoscimento, da parte dei responsabili della società che subì l’ammanco. La segnalazione alle forze dell’ordine e alla procura arrivò dopo che i titolari dell’azienda, che effettuò la fornitura, non riuscirono ad incassare gli importi.
Le difese hanno optato per il giudizio abbreviato. I due esercenti, che si sono difesi, in passato denunciarono pressioni criminali ai loro danni. Dichiarazioni che poi confluirono nell’inchiesta “Stella cadente”. A processo, invece, rispondono di insolvenza fraudolenta e appropriazione indebita.