Gela. Cinque condanne e tre assoluzioni. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Francesca Pulvirenti e Vincenzo Accardo), ha emesso le decisioni al termine del dibattimento, scaturito dall’inchiesta antimafia “Donne d’onore”. Le accuse erano concentrate sulla famiglia Liardo e sulla ricostruzione dei contatti che Nicola Liardo, dal carcere, sarebbe riuscito a mantenere, per la droga e le estorsioni. La decisione emessa dai giudici ha rivisto soprattutto l’entità delle pene, meno pesanti rispetto alle richieste avanzate dai pm della Dda di Caltanissetta, Claudia Pasciuti e Davide Spina. Anche i capi di imputazione maturati per il traffico di droga, ricostruito dai pm e dai carabinieri, sono stati riqualificati, nelle ipotesi meno gravi. Sei anni e nove mesi di reclusione sono stati decisi proprio per Nicola Liardo (la richiesta dell’accusa era di ventuno anni di detenzione). Sei anni e sei mesi, invece, per il figlio, Giuseppe Liardo, sul quale pendevano diversi capi di accusa. La richiesta della Dda era di sedici anni e tre mesi. Gli sono state riconosciute le attenuanti generiche ed è caduta l’aggravante mafiosa. Quattro anni di reclusione, per la moglie di Nicola Liardo, Monia Greco. Anche per la sua posizione non ha retto l’aggravante mafiosa e le sono state riconosciute le attenuanti generiche (la richiesta era di dodici anni di detenzione). Otto mesi, con pena sospesa, per la figlia, Dorotea Liardo. Sono state riconosciute le attenuanti generiche e il capo di imputazione è stato riqualificato. Dai pm era stata avanzata la richiesta di condanna a dieci anni di detenzione. Tre anni e tre mesi di detenzione a Salvatore Raniolo. La richiesta di condanna era stata più consistente, a diciassette anni di detenzione. E’ stata riconosciuta la continuazione e le accuse sono state riqualificate, nelle ipotesi meno gravi. I legali di difesa, gli avvocati Giacomo Ventura, Davide Limoncello e Flavio Sinatra, anche questa mattina, prima della decisione del collegio, hanno proseguito nelle loro conclusioni, escludendo del tutto l’esistenza di un’organizzazione, strutturata dalla famiglia Liardo. In più occasioni, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, sono state prospettate conclusioni del tutto diverse, sul contenuto dei dialoghi, intercettati dagli investigatori durante colloqui in carcere. Ritengono che anche il traffico di droga, delineato dagli investigatori, non abbia mai avuto riscontri, con sequestri. Per Giuseppe Liardo l’assoluzione è stata pronunciata, invece, rispetto ai due danneggiamenti accertati dagli inquirenti. Non sono emersi elementi certi, infatti, per ritenerlo coinvolto negli spari contro la saracinesca di un bar di corso Aldisio e contro l’abitazione di un imprenditore. Assoluzione che i giudici hanno pronunciato per Carmelo Martines. Difeso dall’avvocato Carmelo Tuccio, era accusato di aver partecipato alle azioni, per intimidire i titolari del bar e l’imprenditore. La difesa ha sempre respinto questa ipotesi, facendo leva anche sull’assenza di riscontri nelle immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza.
L’assoluzione è stata pronunciata per Calogero Greco (difeso dall’avvocato Davide Limoncello), a sua volta ritenuto legato ad uno degli episodi di danneggiamento. I pm della Dda avevano già chiesto una decisione favorevole, nei suoi confronti. Assoluzione, ma solo per uno dei capi di imputazione, anche per Nicola Liardo. Assolto, infine, Giuseppe Maganuco. Per gli investigatori avrebbe preso parte, in almeno un’occasione, ad uno dei viaggi, a Catania, per la droga. La difesa, sostenuta dall’avvocato Maurizio Scicolone, ha invece parlato di un soggetto del tutto slegato da possibili dinamiche criminali e che andò a Catania, non certo per la droga. Nei suoi confronti, era stata avanzata la richiesta di condanna ad otto anni di reclusione. Il collegio penale depositerà le motivazioni. E’ probabile che le difese degli imputati condannati si rivolgeranno ai giudici di appello di Caltanissetta.