Gela. Un solo infermiere per quindici pazienti; operatori sanitari con trent’anni di servizio spostati da un reparto all’altro senza preavviso; reparti col doppio dei pazienti che potrebbero ospitare. È piena emergenza negli ospedali “Sant’Elia” e “Vittorio Emanuele”. Il sindacato Nursind torna a lanciare l’allarme per la grave carenza di personale infermieristico e di supporto evidenziando ritardi da parte dell’Asp nelle assunzioni.
“Al Sant’Elia – spiega il segretario territoriale Giuseppe Provinzano – ci sono infermieri di punto in bianco spostati dal blocco operatorio a malattie infettive, senza preavviso e programmazione. La coordinatrice infermieristica del complesso operatorio sostituita da altro personale infermieristico senza nessuna esperienza di camera operatoria, ma soltanto con il benestare del dirigente medico e della direzione di presidio. Che interessi ci sono a far coordinare il gruppo operatorio a infermieri appena assunti?”. E ancora, non riusciamo a comprendere perché la Terapia intensiva Covid del “Sant’Elia” sia ancora chiusa, sovraccaricando di lavoro quella del “Vittorio Emanuele” di Gela. Tutti i reparti dal pronto soccorso generale covid hanno notevoli difficoltà a fornire assistenza per carenza di personale. Come se non bastasse quel che rimane del personale assunto per l’emergenza Covid viene dirottato a Pian del Lago per assistere i profughi in attesa di permesso di soggiorno”.
Le cose non vanno meglio al “Vittorio Emanuele”. “Al pronto soccorso Covid ad assistere 14-15 pazienti ci sono solamente un infermiere e un operatore sociosanitario – racconta Provinzano – e la notte un infermiere e un Oss devono a volte gestire anche fino a dieci posti letto di terapia sub-intensiva, con pazienti positivi al Covid che necessitano di supporto ventilatorio non invasivo. La Terapia intensiva Covid, con personale che potrebbe gestire soltanto 4 pazienti, si ritrova a gestirne 8, con 4 medici rianimatori, 15 infermieri, 7 Oss e 2 ausiliari. Gli infermieri – prosegue il Nursind – sono consci dello stato di emergenza che stiamo attraversando, ma la mole di lavoro è troppo elevata fisicamente e psicologicamente. Qui a rischiare non sono solo gli infermieri, ma anche i pazienti. E lavorare con questi ritmi e con questa pressione è impossibile, c’è di mezzo la qualità dell’assistenza che non può essere garantita ai nostri malati”.