Gela. In primo grado, i giudici del collegio penale del tribunale di Gela l’hanno condannato a dieci anni e otto mesi di reclusione. Il boss sessantenne Salvatore Rinzivillo, attualmente detenuto in regime di 41 bis, avrebbe ottenuto informazioni riservate, attraverso i sistemi informatici, in dotazione alle forze dell’ordine. Ha impugnato la condanna e la Corte d’appello di Caltanissetta valuterà il ricorso, a marzo. L’udienza fissata negli scorsi giorni è slittata. Per gli investigatori, Rinzivillo avrebbe ottenuto dati su soggetti, che pare fossero coinvolti in un affare di droga. I suoi riferimenti per le informazioni, secondo gli inquirenti, erano i carabinieri Marco Lazzari e Cristiano Petrone, come Rinzivillo coinvolti nella maxi indagine “Extra Fines”. Per fatti analoghi, i tre, a dicembre, sono stati condannati dai giudici della Corte d’appello di Roma, in un procedimento parallelo. Per i militari dell’arma (che non sono coinvolti nel procedimento nisseno) è però caduta l’aggravante mafiosa. Il ricorso, alla Corte d’appello di Caltanissetta, è stato proposto dal legale di difesa del sessantenne, l’avvocato Roberto Afeltra.
Già in primo grado, il legale aveva messo in dubbio la ricostruzione investigativa, richiamando anche quanto stabilì il tribunale di sorveglianza di Roma, che prima del blitz “Extra fines” aveva escluso la pericolosità di Rinzivillo. Inoltre, venne citata una pronuncia della Corte di Cassazione, dello scorso anno, che annullò per la posizione di Rinzivillo, ma solo rispetto al metodo mafioso. I giudici d’appello nisseni, a marzo, entreranno nel merito del ricorso.