Gela. Hanno lavorato tra gli impianti della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore per diversi anni. Una lettera aperta. La loro storia nell’organigramma dell’azienda Remosa, però, si è fermata due anni fa. Da allora, solo ammortizzatori sociali e nessuna possibilità di rientro nel ciclo produttivo Eni. A dicembre, scadrà anche la mobilità per gli ex operai Remosa. Da quel momento, non ci saranno altri paracadute né per loro né per le loro famiglie. Così, Alberto Monachella, Giuseppe Vella, Luca Ascia e Ignazio Granvillano hanno deciso di scrivere al sindaco Domenico Messinese, al prefetto di Caltanissetta Maria Teresa Cucinotta, al presidente siciliano Rosario Crocetta e a quello del consiglio comunale Alessandra Ascia. “Abbiamo lavorato per qualche mese fuori da Gela – scrivono – con impieghi che abbiamo cercato direttamente noi con le nostre sole forze senza l’appoggio né dei sindacati né di alcun altro ente o organizzazione a ciò preposta. A farla breve, ci siamo dovuti arrangiare come meglio abbiamo potuto per non far morire la speranza. Ma oggi la nostra situazione è più grave di altre”.
“Uomini senza lavoro…”. La mobilità scade a dicembre e il licenziamento si avvicina. “Uomini senza lavoro si trasformano in persone che hanno poca fiducia nella politica, nei sindacati, nel futuro e sono privati della propria dignità umana e sociale. Fino ad oggi le istituzioni si sono rese volutamente miopi di fronte ad una tragedia sociale. Allora, “Uccidiamo l’Indifferenza!”. Questo è il nostro grido, non abbiamo voglia di nasconderci dietro a nessuno. Chiediamo il prolungamento degli ammortizzatori sociali con la speranza di riprendere prima possibile l’attività lavorativa. Chiudere gli occhi di fronte alla gravità di questa situazione non fa altro che perpetrare il malcostume, purtroppo ampiamente diffuso in Sicilia e a Gela in particolare, di negare l’evidenza oggettiva di una tragedia che si consuma quotidianamente”. Gli ex Remosa vennero inseriti nel famoso bacino di disponibilità, composto da lavoratori usciti dal ciclo produttivo dell’indotto Eni. Del bacino, però, si sa poco o niente.