Appalto rifiuti, Romano: “Inviti per fare mucchio, pressioni per far lavorare società”

 
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Gela. Ha risposto, in aula, alle domande dei pubblici ministeri Luigi Lo Valvo e Mario Calabrese, che stanno seguendo l’intera istruttoria dibattimentale scaturita da una vasta indagine su presunti rapporti illeciti tra gli imprenditori della società Tekra, che ancora oggi gestisce in proroga il servizio rifiuti nei Comuni dell’ambito, e amministratori e funzionari pubblici. L’imprenditore Giuseppe Romano denunciò presunte irregolarità, facendo partire indagini che hanno poi avuto ulteriori evoluzioni. Il titolare di “Roma Costruzioni” ha parlato in aula, mentre toccherà alle difese, nel corso della prossima udienza, porre le proprie domande. L’imprenditore è considerato tra i testimoni più importanti, nel procedimento penale attualmente in corso. Ha risposto alle domande dei pm, davanti al collegio penale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore. L’attenzione dei magistrati si è subito concentrata sulle procedure che portarono alla gara d’appalto, che consentì alla campana Tekra di aggiudicarsi il servizio. C’era anche l’azienda di Romano tra quelle invitate a partecipare. “Facemmo subito notare – ha detto l’imprenditore – che erano state invitate diverse aziende che non avevano i requisiti richiesti. Penso siano state invitate, solo per fare mucchio”. Secondo gli investigatori, le procedure di gara sarebbero state strutturate per arrivare all’affidamento a Tekra. “Come arrivò Tekra in città? Ho saputo che aveva contatti con il consorzio Ecomed”, ha detto Romano. Di quel consorzio facevano parte le società locali che precedentemente avevano gestito l’appalto rifiuti, consociandosi. Romano, però, prese strade diverse. In città, sempre nell’appalto rifiuti, operò insieme all’agrigentina Sap. Rispondendo alle domande, il testimone ha esposto una serie di possibili anomalie nelle fasi che precedettero la gara e negli inviti a partecipare, anche sul fronte dei tempi fissati per la presentazione delle offerte. In attesa che la gara, poi affidata a Tekra, venisse espletata, il servizio doveva comunque andare avanti. In base a quanto spiegato dall’imprenditore, nel corso dell’esame in aula, l’allora amministrazione del sindaco Angelo Fasulo aveva già predisposto un affidamento alla stessa “Roma Costruzioni”. “Venni convocato – ha detto ancora Romano – c’era un’ordinanza già definita per proseguire il servizio. Mi venne però detto che avrei dovuto far lavorare le aziende locali, ricordo Econet, Novambiente, Coveca ed altre. Io, però, avevo già rotto i rapporti con quelle società e c’erano anche dei conteziosi giudiziari. Fasulo e il commissario Ato Giuseppe Panebianco facevano pressioni, affinché facessi lavorare quelle aziende. Io, invece, mi rivolsi a Sap, che inizialmente non aveva intenzione di proseguire. Alla fine, però, accettò”. I magistrati hanno chiesto ulteriori particolari su aziende che sarebbero state vicine agli amministratori di quel periodo. “Seppi che l’impresa di Giuseppe Martorana, vicino a Fasulo, da Tekra ottenne un subappalto, per un breve periodo, a Butera. I rapporti tra Fasulo e Martorana? Erano compari, testimoni di nozze”.

L’ex sindaco e il commissario Panebianco, già in fase di indagine, hanno sempre escluso irregolarità o rapporti anomali con imprenditori del settore rifiuti. Insieme a loro, sono a processo l’altro ex primo cittadino Domenico Messinese e ancora la proprietà di Tekra, con Alessio Balestrieri, Antonio Balestrieri e Maria Cerasuolo, oltre al referente locale del gruppo Andrea Dal Canton, il dirigente comunale Patrizia Zanone, l’ex direttore per l’esecuzione del contratto Valter Cosentino e la dirigente Concetta Meli, già in servizio all’Ato rifiuti. Il Comune è parte civile, con l’avvocato Francesco Salsetta. Tra le contestazioni, c’è quella di corruzione. In aula, è stato sentito uno dei finanzieri che si occupò di perquisizioni e sequestri. Nell’automobile dell’allora commissario Ato Panebianco venne ritrovata una busta, con all’interno un totale di quindicimila euro, oltre ad una lettera ufficiale che Tekra aveva inoltrato al dirigente Meli, che seguiva i procedimenti del servizio rifiuti, per conto di Ato. La difesa di Panebianco, sostenuta dall’avvocato Maria Licata, ha ricordato che quel denaro venne poi dissequestrato e restituito, con un provvedimenti dei giudici del riesame di Caltanissetta, perché di provenienza lecita. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra Rocco La Placa, Sinuhe Curcuraci, Salvatore Morreale, Franca Gennuso, Antonio Gagliano, Venere Salafia e Giuseppe D’Alessandro. Nel corso della prossima udienza, proseguirà l’esame dell’imprenditore Romano.

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