Gela. Aziende gelesi, impegnate principalmente nel servizio rifiuti e nell’edilizia, sarebbero state vessate per la messa a posto. In base a quanto ricostruito dai pm della Dda di Catania, chi lavorava a Niscemi doveva sottostare alle estorsioni dei clan, sia di stidda che di Cosa nostra. Già lo scorso settembre, il gup etneo ha disposto il rinvio a giudizio di Francesco Amato, Gianfranco Arcerito, Salvatore Blanco, Salvatore Di Pasquale, Salvatore Ferrara, Salvatore Mastrantonio, Francesco Melfa, Salvatore Perticone, Rosario Russo, Rosario Zarba e Giuseppe La Russa. Si presenteranno a processo, per rispondere alle accuse, ad inizio dicembre, davanti ai giudici di Caltagirone. Questa mattina, invece, in abbreviato, è stato necessario l’esame di un perito, che ha deposto sul contenuto di alcune intercettazioni, disposte in indagini antimafia, sempre sui clan niscemesi. Dal gup, ne rispondono Roberto Aleo e Salvatore Calcagno. Il collaboratore di giustizia Antonino Pitrolo, che ha già ammesso i fatti, ha invece patteggiato. Le aziende gelesi, da quanto emerso, avrebbero pagato almeno fino al 2006. Diversi imprenditori, vittime dei clan, si sono costituiti parti civili, rappresentati dagli avvocati Fabrizio Ferrara, Stefano Scepi, Laura Cannizzaro e Salvatore Falzone.
Il Comune di Niscemi, su decisione dell’amministrazione del sindaco Massimiliano Conti, è a sua volta parte civile, con il legale Aurelio Lattaferro. Chi non pagava, rischiava di subire danni e conseguenze ai cantieri e alle attività. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Francesco Spataro, Salvo Macrì, Fabio Bennici, Danilo Tipo, Luigi Cinquerrui, Agata Maira, Massimo Consortini, Eugenio Muscia, Barbara Biondi, Marco Greco, Donatella Singanella e Franco Passanisi.