Gela. Una situazione familiare ai limiti e i tre figli affidati ad una struttura protetta. Un disoccupato, adesso finito a processo, avrebbe reagito prendendo di mira una delle assistenti sociali che si stavano occupando del caso.
“…come Borsellino”. Minacce e insulti, fino a intromettersi nella vita privata della donna. Sono queste le accuse che hanno condotto al processo nei confronti dell’uomo. “Tutto può succedere…come è accaduto a Borsellino!”. Si sarebbe rivolto così, nell’estate di tre anni fa, all’assistente sociale che, intanto, stava seguendo il caso dei tre figli del disoccupato. “Si presentava quasi ogni giorno in ufficio – ha spiegato la donna sentita in aula davanti al giudice Manuela Matta – in un’occasione, arrivò a dire che io ero la responsabile della morte di mio figlio e di mio marito, deceduti in passato”.
Le minacce continue. Mesi di pressioni che, alla fine, portarono la funzionaria comunale a denunciare i fatti. La causa scatenante di tutto sarebbe stato proprio l’allontanamento dei tre figli dell’uomo, scaturito da un decreto del tribunale dei minori di Caltanissetta eseguito dalle assistenti sociali di Palazzo di Città. “Mi disse – ha aggiunto la vittima – che almeno duecento persone mi volevano morta e, invece, lui mi voleva bene”. Adesso, l’imputato dovrebbe essere sentito alla prossima udienza fissata per il 23 giugno.