Gela. E’ ritenuto nuovo reggente del gruppo locale della stidda. Per Bruno Di Giacomo, coinvolto nell’inchiesta antimafia “Stella cadente”, in primo grado è stata pronunciata la condanna a ventidue anni e un mese di detenzione. Il giudizio di appello si terrà a fine mese. Prima del blitz che portò al suo arresto e a quello dei presunti sodali, il quarantacinquenne si sarebbe reso protagonista di una violenta aggressione. Il titolare di un’attività di ingrosso di materiale elettrico chiese la restituzione di cento euro, somma restante di un credito totale di duecento euro. Pare che Di Giacomo, per la sua attività commerciale, avesse acquistato materiale. Davanti alla richiesta di saldare quello che rimaneva, Di Giacomo, secondo le accuse, avrebbe aggredito il creditore. Lo avrebbe ripetutamente colpito al volto, trascinandolo fuori dal suo negozio. Alla fine, ci sarebbero state anche minacce, con un coltello. Aspetti che la vittima ha raccontato in aula, nel corso del dibattimento aperto nei confronti di Di Giacomo, che deve rispondere delle lesioni causate con l’aggressione. L’imputato è difeso dall’avvocato Francesco Enia. In aula, è stato sentito proprio il creditore che rimase ferito. Ha spiegato di essersi recato nell’attività commerciale di Di Giacomo. Davanti alla richiesta di saldare il debito, seppur per una somma esigua di cento euro, sarebbe partita l’aggressione. Il testimone ha raccontato di essere stato colpito con diversi pugni al volto.
“Non ho avuto paura – ha detto rispondendo alle domande della difesa di Di Giacomo – ma non mi aspettavo un’aggressione, per cento euro. Gli ho chiesto di avere un pò di acqua, perché avevo la maglietta piena di sangue. Mi ha portato fuori dal negozio e poi, con un coltello, forse quello che usava per tagliare i cartoni, mi ha detto di non ritornare più”. Pare che l’uomo ferito, prima di rivolgersi direttamente a Di Giacomo, avesse chiesto il denaro restante ad un familiare del quarantacinquenne. Di Giacomo ha assistito all’udienza, in videocollegamento dal carcere.