Gela. Secondo gli investigatori, ci sarebbero state minacce ad un testimone, che lo scorso maggio si trovò ad assistere sia all’aggressione di via Bevilacqua che agli spari di via Annibal Caro. Per questi fatti, sono detenuti il quarantenne Crocifisso Di Gennaro e il trentacinquenne Benedetto Giuseppe Curvà, entrambi accusati di tentato omicidio. Questa mattina, invece, davanti al gip del tribunale, si sono presentati altri due indagati, ma a piede libero. Sono accusati di aver tentato di intimidire il testimone, titolare di un’attività artigianale. Sia Rosario Serio che Salvatore Iudice, però, si sono difesi. Hanno esposto la loro versione dei fatti. Sono accusati di intralcio alla giustizia. Serio, a sua volta titolare di un’attività commerciale, difeso dagli avvocati Giuseppe Romano e Carmelo Tuccio, ha spiegato di non sapere nulla delle presunte minacce. Si sarebbe recato nell’attività dell’uomo che aveva assistito ai fatti, ma solo perché gli sarebbe stato chiesto di indicare il tragitto per arrivarci. I difensori hanno spiegato che non entrò nell’attività, rimanendo invece fuori. Anche Iudice si è difeso, rispondendo alle domande. Rappresentato dal legale Giovanni Lomonaco, ha ammesso di essersi recato nell’attività e di aver parlato con il titolare, considerato un testimone dei fatti poi ricostruiti dai carabinieri e dai pm della procura. L’operaio ha negato minacce. Non avrebbe fatto nulla per intimidirlo. Gli indagati hanno reso la loro versione.
Di Gennaro e Curvà sono invece detenuti. Il primo, in base a quanto indicato dagli investigatori, sarebbe stato alla guida della vettura che investì Curvà. L’avrebbe poi colpito ripetutamente con una pesante catena. Per vendicarsi, lo stesso Curvà si sarebbe procurato una pistola. Colpi sono stati esplosi in direzione dell’abitazione della famiglia di Di Gennaro e del minore che l’avrebbe spalleggiato. Il tentato omicidio viene contestato anche a Curvà, perché uno degli spari ha rischiato di colpire una giovane, che vive in quell’immobile.