Gela. Impiegare i lavoratori dell’indotto nei cantieri Eni dell’estero. E’ questa la proposta di Cgil, Cisl ed Uil per tamponare l’emergenza occupazionale, limitatamente a questa fase transitoria.
Eni gestisce all’estero, come Nigeria, Congo, Iraq, Kazakistan numerosi cantieri. Da qui la proposta per consentire ai tanti lavoratori in mobilità o cassa integrazione (ammortizzatori sociali per lo più in scadenza) di essere impiegati con un reddito adeguato nei tanti progetti che Eni svolge all’estero nella ricerca, estrazione e raffinazione di idrocarburi.
I Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil, Ignazio Giudice, Emanuele Gallo e Maurizio Castania, chiedono quindi al Prefetto di Caltanissetta, Maria Teresa Cucinotta di farsi promotrice di un incontro con Eni, alla presenza di Confindustria e Legacoop, per definire interventi immediati e operativi in tal senso.
“Non basta utilizzare gli ammortizzatori sociali (che sono quasi tutti in scadenza e che abbiamo comunque chiesto di prorogare in virtù dell’area di Crisi Complessa), per superare l’emergenza occupazionale dell’indotto della RAGE che rischia di diventare esplosiva – affermano i Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil – serve piuttosto lavoro vero e produttivo”.
Le organizzazioni sindacali chiederanno intanto ad Eni di far partecipare le aziende dell’indotto che ne fanno richiesta nelle sedi che la società a partecipazione statale gestisce all’estero. “Si tratta di aziende specializzate con un know how adeguato nel campo edile, meccanico e ingegneristico con maestranze altamente specializzate – spiegano i Segretari Sindacali – che possono così impiegare i lavoratori attualmente in mobilità o in Cig inseriti nella lista di disponibilità”.
Sia per i lavoratori della Raffineria del “diretto”, che già operano all’estero con Eni, che per coloro i quali saranno chiamati dalle aziende dell’indotto, i Sindacati chiedono che si avvii una contrattazione di secondo livello, con i rappresentanti delle associazioni di categoria, Confindustria e Legacoop, “per definire indennità adeguate e turnazioni che rispettino il diritto al giusto riposo dei lavoratori”.
“Non è più tollerabile che alcune aziende del territorio lavorino all’estero sfruttando i bisogni dei lavoratori in un momento di crisi, dando retribuzioni inadeguate e imponendo turnazioni massacranti”, affermano Giudice, Gallo e Castania, che aggiungono: “l’apertura ai mercati esteri è un’opportunità per l’imprenditoria locale. Servono interventi risolutivi e veloci, sebbene di transizione, per affrontare un’emergenza sociale esplosiva. L’Eni fino ad oggi sembra essere spettatrice passiva di una vicenda in cui, al contrario, l’azienda a partecipazione pubblica deve essere necessariamente e responsabilmente attore principale per individuare le opportune soluzioni”.
“Il lavoro all’estero – concludono Cgil, Cisl e Uil – è una prospettiva temporanea per tamponare le difficoltà che stanno attraversando migliaia di lavoratori con le rispettive famiglie, in attesa che si avviino i lavori della “piattaforma K” e la riconversione della Rage in green raffineria”.