Gela. Sarebbero stati tra i vertici del nuovo clan Rinzivillo e il gup del tribunale di Caltanissetta Francesco Lauricella li condannò, lo scorso maggio, ad un totale di ventiquattro anni di carcere. Depositate le motivazioni. Sedici anni per il trentenne Davide Pardo e otto per il quarantottenne Roberto Di Stefano, già collaboratore di giustizia. Adesso, il magistrato ha depositato le motivazioni di quelle condanne. Una vasta ricostruzione non solo dell’indagine ma anche delle dinamiche che avrebbero potuto condurre ad uno scontro interno tra la presunta fazione retta da Pardo e quella di Di Stefano, intanto ritornato in città dopo aver scelto di lasciare il programma speciale di protezione per i collaboratori di giustizia. Furono sequestrate diverse armi. Gli imputati e i loro difensori di fiducia hanno sempre smentito l’esistenza di qualsiasi nuovo clan. Mentre il procedimento penale davanti al gup era in corso, Di Stefano finì al centro di nuove accuse. Il collaboratore di giustizia palermitano Massimiliano Mercurio ammise di aver saputo dallo stesso quarantottenne, per un certo periodo suo compagno di cella, della volontà del clan di colpire il magistrato della Dda di Caltanissetta Gabriele Paci e la sua famiglia.
Pardo pronto all’appello. Intanto, davanti alle motivazioni depositate, Davide Pardo, per il tramite del suo legale di fiducia Cristina Alfieri, ha già scelto d’impugnare il verdetto del gup Lauricella. Il caso, quindi, ritornerà in aula davanti ai giudici della corte d’appello di Caltanissetta. Una soluzione dello stesso tipo dovrebbe essere adottata anche dal legale dell’ex collaboratore Roberto Di Stefano. L’imprenditore Nicolò Cassarà, a sua volta arrestato a conclusione del blitz “Fabula” insieme a Pardo e Di Stefano, attende invece la fissazione del giudizio. La sua posizione si alleggerì negli scorsi mesi: venne a cadere, come richiesto dal suo legale Giovanni Lomonaco, l’accusa di associazione mafiosa.